Il diario di guerra di Flavio Gioia

 

 

 

  

Il diario di guerra

                   del tenente

                   Flavio Gioia

                              (Prima Guerra Mondiale) 

                  “…un mondo di fuoco e d’acciaio"



 

 

 

 

 

Introduzione

 

Qui di seguito la trascrizione del diario di guerra del tenente Flavio Gioia, il cui manoscritto originale è conservato  nell’Archivio Ligure della Scrittura Popolare,dell’Università degli Studi di Genova - Dipartimento di Antichità, Filosofia, Storia (DAFIST) quale oggetto di ricerca, studio e pubblicazioni.

Ho voluto corredarla  di contributi tratti da reperti di famiglia, dalla rete Internet e da note personali affinché, attraverso immagini, riferimenti storici, geografici e quant’altro, il tutto assumesse un valore  efficace anche  dal punto di vista didattico. Spero, pertanto, che questa forma risulti piacevole ed interessante  per avvicinare i giovanissimi alla conoscenza della nostra storia locale nel contesto di quella  più ampia  della “grande guerra”, ed all’amore per la nostra terra, stimolando e rinvigorendo quei sentimenti che mi rifiuto fermamente di considerare ormai perduti.

Al Prof. Fabio Caffarena, ricercatore, saggista e docente di  Storia contemporanea  presso la suddetta Università, nonché direttore  dell’archivio sopra menzionato, vada il mio ringraziamento per avermi fornito  copia del manoscritto permettendomi  di pubblicare questo mio lavoro, che va ad aggiungere un tassello essenziale a quanto in precedenza, a tale riguardo, qui già pubblicato.

Luigi Gioia

 

 

Iniziano così le pagine del primo taccuino contenente il diario che il tenente Flavio Gioia scrisse dal Fronte durante la Prima Guerra Mondiale, con cadenza quasi giornaliera… quando gli fu possibile. Da notare che appone la sua firma dopo ciascun capitolo, consapevole  che ogni giorno, per lui, potrebbe  essere l’ultimo.

 

 

Prima parte

Tenente Flavio Gioia
161° Fanteria 9a Comp.

 (aggiunta successiva rispetto all’ordine cronologico del diario)

 

Il presente diario appartiene al Sottotenente Flavio Gioia della 9a Compagnìa, 161° Regg. Fanteria.
In caso fosse trovato da estraneo, il proprietario gli sarà immensamente grato se lo spedirà al
Signor Goffredo Gioia, 
Santa Croce del Sannio (Benevento)

 

17-9-915 Il sottotenente Gioia in data 14-9-915 fu promosso Tenente.   
l’11 ottobre passò effettivo alla 7a Comp. e il 15 ottobre alla 6a

(altra aggiunta successiva) 

 

Torino, 4 Maggio 1915 

Lasciai Torino alle ore 4 del giorno 5 e la sera alle 21 fui a Thiene 

 

23 Maggio 1915

E’ questo il primo giorno di mobilitazione.
Dormivo stamane in una camera d’un albergo di Rotzo (Vicenza)    insieme al Tenente Buzio; alle ore 5,45 un soldato è venuto a portare al Tenente un biglietto del comando di reggimento che comunicava “Indetta la mobilitazione generale dell’esercito e della marina”. Fra poche ore condurrò i contingenti di richiamati  (che ieri andai a prendere a Rocchette) al nostro accampamento a  Bosco Spina presso le Mandrielle.
Domani o domani l’altro sentirò tuonare il cannone. Quanti pensieri mi si affollano alla mente.
Ho spedito un altro saluto a tutte le persone più care.
Scriverò ancora ad esse? Vivrò dopo la guerra?  Sarà questa piena di vittorie?
Si, così deve essere per la gloria nostra e dell’Italia.
F.Gioia
 
24-5-915 ore 22,55
Le ostilità sono cominciate.
Stamane alle 8 ½ dal Capitano che comanda la batteria da 149 alle Mandrielle abbiamo saputo che se il
nemico non aprirà il fuoco prima, alle 4 di domani i nostri forti e le nostre batterie inizieranno il bombardamento delle opere austriache che ci sono contro.
Vedendo il fonogramma ho provato un sussulto al cuore ed una grande ansia mi ha assalito. Che bella diana ci sarà suonata domani. Di rimpetto abbiamo il campo trincerato di Lusena che sarà quello più battuto.
Le granate passeranno sul nostro accampamento; sul bosco di più ove sono le tende nostre. Forse agirà anche la fanteria; che bellezza!
Stasera la mia compagnia, la 9a , ha lasciato il 3° battaglione e si è spinta 500 m. più innanzi, verso il 2°.
Verso le 20 il comando del reggimento comunicava che le ostilità erano state già iniziate e che i nostri si erano già impadroniti di alcune posizioni nemiche, fra cui Cost’Alta, Pasubio ecc.
Buon augurio. Domani a noi forse- auguri di buona notte-
F.Gioia

 

25-5-915 ore 19

Alle 3,45 di stamane il forte Verena, credo, o di Campolongo, ha sparato il 1° colpo di cannone.
Ero stato già destato dal Sig.Capitano e non ho riportato quell’impressione che m’aspettavo.
Il cannoneggiamento ha cominciato senza accanimento, tanto più che i forti nemici rispondevano debolmente. Dopo un’ora i colpi sono stati rarissimi ed ora se ne sente solamente qualcuno. La fanteria non ha avuto alcuna azione – Tre guardie di finanza stamane sono state sorprese da una ventina di austriaci.Sono scappate perdendo un po’ di viveri e vestiario. Mi sono spinto verso le 10 oltre il confine. Ho scorto molto territorio nemico; la rotabile che passa pel villaggio di Vezzena-ecc.

 

Nota: cima di Vezzena o Spitz Verle

Il forte austroungarico Spitz Verle scavato nella roccia della cima, a picco sul precipizio, per la sua fantastica posizione panoramica e la funzione principale di osservatorio e collegamento con gli altri forti, era chiamato "L'occhio degli Altipiani". Fu sottoposto a furiosi bombardamenti dell'artiglieria italiana appostata sul Monte Verena, a circa 8 km di distanza in linea d'aria. La stradina di accesso sul versante sud era su terreno scoperto e completamente sotto tiro, e perciò impraticabile durante i combattimenti: fu quindi scavato un ardito sentiero di collegamento sul versante nord, su cenge espostissime verso la Valsugana, ora impercorribile e quasi completamente franato. Il forte fu più volte assaltato dalla fanteria, senza successo, e quasi completamente distrutto dalle cannonate dell'artiglieria di forte Verena.(girovagandointrentino)                                                                                                                                                                                                                                                                                                   https://www.lemiecime.it/cima-vezzena/

Mentre ero lassù una granata del forte Verena è passata ululante sulla mia testa ed è andata a cadere sul forte Vezzena.
Il campo trincerato di Luserna sembra deserto. I soldati sono calmissimi. Lieti, indifferenti.
Domani forse avanzeremo. Si dice che ad Asiago siano giunti parecchi nostri feriti, alpini e bersaglieri e che abbiano conquistato un 50 Km di territorio al nemico. Trento non è molto distante; quando la prenderemo ? la vedrò ? Spero. 
Ho scritto alle sorelle. Ho colto delle violette presso Campo Rosà che conservo in questo diario. 
Che fortuna, che piacere se vivrò; rileggere queste pagine rivedere questi fiori.
F.Gioia

 

26-5-915 ore 21-1/2

Scrivo al chiaro di luna. E’ la prima notte che passo in trincea agli avamposti.
Di rimpetto ho il forte di Luserna al quale di tanto in tanto il nostro di Verena invia un colpo. Dormirò a la belle étoile. Ho eseguita una perlustrazione  in un bosco dinanzi alla mia trincea. Avevo solamente 15 uomini. Ora siamo tutti qui riuniti attorno ad un albero. Ho con me il Serg.Capotto, il cap Perona ed altro. Vado a dormire sull’erba.
F.Gioia

Le fortezze dell'altopiano di Asiago

27 – 5 – 915 ore 8, 7’

Ho scritto ieri sera la pagina precedente perché non sapevo se avrei potuto farlo oggi.
Ieri fu una vera giornata di guerra, il cannoneggiamento cominciò il mattino e dalle 9 alle 10, il duello fra le artiglierie fu violentissimo.  I nostri colpi, più potenti, più lenti si succedevano quasi con calma; il forte di Luserna invece rispondeva con salve di batteria, ed i suoi colpi, ed il fischio dei proiettili avevano un non so che  di rabbioso.
Noi del 3° battaglione abbiamo disfatto le tende alla sveglia, e ci siamo portati in posto più sicuro. L’accampamento degli altri battaglioni ha ricevuto vari  shrapnels austriaci.      
Le nostre granate, scoppiando sul forte nemico, innalzavano delle enormi colonne di macerie e di fumo.
Sembra che il Luserna sia stato abbastanza danneggiato. I nostri forti sono intatti e ancora adesso continuano a tirare dei terribili colpi. Nell’accampamento della 6a Comp.ia ho visto gli shrapnels austriaci già esplosi.
Ho raccolto alcune pallette come mio primo trofeo di guerra.  
Ieri sera alle 18 sono entrato in trincea col mio plotone. La trincea è a qualche  chilometro o meno dal confine. Proprio di rimpetto ha il forte di Luserna ; è divisa in due sezioni; in quella di sinistra, collegata con il 1° battaglione, son rimasto io con 9 uomini ; in quella di destra ho  lasciato il Cap.Magg. Mollea con 7 uomini. Dopo le raccomandazioni necessarie fatte ai soldati e dopo aver fatta una perlustrazione sono andato a sdraiarmi a terra sotto un albero cercando di dormire.
Il freddo intenso mi ha obbligato a tornare sotto la trincea.. Ho fatto stamane un’altra perlustrazione, ma nessuna traccia c’era del nemico. Stasera sono giunti altri richiamati, così il mio plotone è stato rinforzato. Stanotte dormirò fuori.
F.Gioia

 

28-5-915

Questa notte due compagnie del 2° battaglione hanno eseguito una ricognizione verso Bisele e verso Vezzena. Sulla sinistra sono state fiancheggiate da una pattuglia della mia compagnia comandata dal Sottotenente Senise. La sentinella della trincea ha scorto dei segnali luminosi che i nemici  si facevano.
Forse davano avviso della nostra avanzata. Stamane il forte di Luserna appariva tutto pieno di brecce.
Gli austriaci han piazzato qualche batteria scoperta che stamane ci ha lanciato uno shrapnel. Questo è caduto
a pochi metri dalla sentinella di destra della trincea, a 10 metri da me mentre io ero intento a distribuire il pane.. Fortunatamente nessuno è rimasto colpito.
Mi han detto che due soldati d’artiglieria, della batteria d’obici ch’è sulla nostra destra, siano stati feriti.
Mentre scrivo si sente il cannone nemico che spara a due colpi per volta. Poco prima si sentiva anche una mitragliatrice. Il risultato della ricognizione non ancora l’ho conosciuto.
Qualche altro reggimento forse starà attaccando Luserna dal sud perché i colpi austriaci ci sembrano diretti in quella direzione.
Fortunatamente non piove ancora ma la nebbia appare e scompare continuamente.
Abbiamo trovato una parte dello shrapnel scoppiato stamane,deve essere lanciato da un pezzo da 105 forse.
F.Gioia

 

29-5-915   ore 9,15

Ieri è avvenuto qualche cosa di straordinario nei forti nemici. Dalla 15 tutte le nostre bocche da fuoco hanno concentrato il loro tiro sul Luserna; il forte sembrava un cratere vulcanico in eruzione. Le granate nostre piovevano e sul forte e sul campo trincerato innalzando enormi nugoli di fuoco e di macerie.
Verso le 17 sul forte è apparsa una bandiera bianca e allora i nostri cannoni hanno interrotto il tiro.

Nota: Questo particolare è riportato nel sottostante link ed in altri che parlano del forte Luserna

 

Forte Campo Luserna - Wikipedia

 

Il Comando della Compagnia mi ha avvertito che forse una pattuglia di parlamentari austriaci si sarebbe presentata alla mia trincea e m’incaricava di riceverla e di farla condurre al Comando. Ho disposto uno speciale servizio di vedette, ho preparato i miei uomini tutti con baionetta in canna, ma la famigerata pattuglia avvistata dagli altri plotoni, non  è comparsa ne ieri, ne in tutta la notte.
La notte è passata relativamente calma.
Stamane la nebbia fitta mi ha impedito di fare una ricognizione che desideravo fare. Forse andrò oggi.
Anche adesso il cannone tace. Sembra finora che non vi sia stato nemmeno uno scontro di fucileria tra i nostri.
Il tempo uggioso e questa vita di talpe nelle trincee ci fa diventare sozzi.
L’acqua è scarsa; il vitto…?! e così tutto il resto. Sento la mia barba crescere giornalmente senza avere la possibilità di raderla.
Quali novità ci prepara questo giorno?
Saremo stasera nelle stesse condizioni di stamane ? Aspettiamo.
ore 20
Cosa facevo un anno fa in questo giorno a quest’ora ?

Ero al Valentino di Torino; ero andato ad aspettare Lucia e ci baciammo  presso il cancello di Villa Tiepolo. Anche allora come stasera pioveva un poco; anche allora avevo lo stesso impermeabile che ho in questo momento: ma che differenza di luoghi; di compagnia, di condizioni ?!

L’anno scorso il 29 maggio fu per me un giorno di piacere, di amore, di baci; oggi 29 maggio è giorno di guerra, di sangue, di morte. Quanti ricordi vengono alla mia mente in qualche momento di tregua. Quante belle fanciulle mi passano innanzi alla mente, sorridendomi, inviandomi dei baci; augurandomi presto e felice ritorno. Ma chi sa se le rivedrò più realmente. Vedo la Lucia, la Gina, la Delfina, Magda, Cele, Nica, Enrichetta, Angiolina, Claudia, ed altre ancora: la Paola, la Iole Chabert che mi starà cercando in tutto il mondo. Le rivedrò di nuovo?
Ho scritto stasera a Lucia ricordandole il 29 maggio dell’anno scorso.
La giornata è passata relativamente calma; le artiglierie han lavorato poco la nebbia fitta che occulta il forte nemico.
E’ stato visto qualche uomo nemico aggirarsi nel bosco di rimpetto e stanotte  perciò bisogna vigilare molto.
Il 3° ed il 4° plotone sono ritornati all’accampamento e le trincee ora sono occupate debolmente solamente dal 1° e 2°.
Così stasera chiudo il diario: facciamoci un buon augurio per domani.

 

31-5-915

Ieri giornata emozionante abbastanza. Lasciammo le trincee a mezzanotte e muovemmo contro i forti di rimpetto.
All’alba o poco dopo un violentissimo fuoco d’artiglieria nemico non ci permise d’avanzare su Vezzena e fummo costretti a rimanere ricoverati  in un bosco di rimpetto per varie ore. Gli shrapnels cadevano tutto intorno. Una spoletta mi cadde a pochi centimetri distante.  
Ritornammo all’accampamento verso le 14. C’era all’attacco la brigata Ivrea, il batt. Alpini Bassano, un batt.da montagna e / sez. mitragliatrici   per Cav.(leggi cavalleria)    
Ne parlerò domani ancora-  Piove, son le 22,20      
F.Gioia 

 

2 Giugno 1915.

Ieri seppi che nel tentativo d’avanzata fatto il 30 u.s. il 162 ebbe 22 feriti e uno o due morti; Il 1° batt. del 161 ebbe un esploratore ucciso e un altro ferito. Ritornando all’azione di quel giorno, potrei notare, se il tempo e la volontà me lo permettessero, tutti gli errori commessi, tutte le fortune o sfortune avute ecc.
Fra le varie cose notai molto che: l’avanzata fatta di notte su terreno da pochi conosciuto, fin dall’inizio riusci slegata. Perduto il collegamento una volta, questo si perdette quasi per sempre così che i reparti risultarono confusi senza che nessuno sapesse chi c’era a destra e chi a sinistra. I tre battaglioni del 161 si son trovati stretti l’uno all’altro, in mezzo ai crepacci di rocce e dietro: tronchi degli alberi. Dalle otto circa fino alle 14 siamo stati senza ricevere ordini. Senza sapere cosa fare. Il tempo uggioso, e la noia riconciliavano il sonno, e tutti, meno io, han cominciato a dormire nonostante gli shrapnels austriaci continuassero a pioverci intorno. I soldati dormivano pacificamente incuranti del pericolo; i messaggeri se ne andavano girando senza nessuna cautela; si vedeva proprio che questi nostri soldati non sanno ancora far la guerra.
Mi han detto che furono presi due o quattro disertori che hanno dato molte indicazioni sulle batterie che ci tennero testa.
Alla partenza, il comandante del  battaglione. T.Col. Romano, mi diede il compito di fiancheggiarlo sulla sinistra con 7 esploratori e con un plotone della 11a   Comp. Poi avrei dovuto raggiungerlo a Vezzena.
Mi avviai e non descrivo come fosse difficile spingere innanzi quegli esploratori che rimanevano sempre dietro…Incontrai sulla mia sinistra la Comp del Sig Cap. Tomassini, il quale mi disse che il mio battaglione invece di  tenersi sulla mia destra, aveva fatto un per fila-sinistr. e mi era sfilato dietro.
D’allora per quanto avessi cercato non potei più prendere il collegamento con essi e mi unii di nuovo al battaglione solamente a giorno. I primi colpi di fucile li sentii quando il giorno non ancora era chiaro e si sentì cantare anche la mitragliatrice. I nostri colpi sono secchi e netti, ben chiari; quelli dei nemici hanno invece un contro colpo ,di maniera che è facile distinguerli.
Ieri sera sono ritornato in trincea poiché il turno era per il 1° plotone. Questa notte non è successo nulla di straordinario. Mi han detto che il forte di Luserna ha bruciato ieri l’altro. Stamane, l’aria limpida ha permesso alle artiglierie nostre di aprire fin dall’alba il fuoco contro il Busa di Verle, forse l’ultimo forte che ancora ci oppone resistenza.

 

 

Panoramica verso lo Spitz Verle o Pizzo di Levico o Pizzo Vezzena (m.1908) dai pressi dell'ex forte di Busa Verle. Sulla sinistra, al di là della Valsugana, la Panarotta. - Altopiano del Vezzena - Altipiani Trentini e Veneti


> ex forte di Spitz Verle, l'occhio degli Altipiani

 

12 Giugno – Sabato

Ho abbandonato il mio povero diario da vari giorni; un po’ per mancanza  di tempo un po’ per mancanza di volontà di scrivere.
La sera del 3 venne improvvisamente l’ordine di cedere il posto al  116° Regg.Fanteria.
Appresi la notizia con immenso dolore. Mi piaceva tanto dare la caccia a quei brutti musi.
Fui mandato a Canove come foriere di alloggio, il giorno dopo un contrordine mi richiamava in compagnia e la sera un altro ordine mi rimandava a Canove… e pensare che tutti i regolamenti predicano di evitare i contrordini; ma questo mio reggimento sembra sia fatto di contrordini.
Dunque si venne a Canove il 3° Batt.ne il 1° e 2° ad Asiago, si disse per dar riposo alla truppa, la ragione viceversa è ben diversa e ben più dolorosa…
Si è lavorato tutti i giorni a far tattiche molto più che si fosse combattuto.
Ieri un soldato diceva: - Non sono stati buoni a far la guerra lassù e li han mandati a far tattiche a cavallo qua -  Quale fiducia si può avere in capi che fino i soldati giudicano zero ? 
Il g. 5 insieme col Tenente Albini ci fermammo a Mezzaselva a prendere un caffè presso due belle fanciulle
. Antonietta e Angiolina Misele. Belle davvero! Mezzora di flirt e poi di nuovo in macchina e giungemmo a Canove. Gli alloggi erano pronti: Andammo ad Asiago.
Alle 16 a Canove incontrai una bella signorina; la seguii in macchina e l’accompagnai fino a Tresche. Si chiama Bibi D…P…Ha delle forme stupende. Un petto colmo e rotondo e poi tutto il resto…
Mi promise la fotografia che dovrei avere domani. Ci demmo l’appuntamento e infatti il g. 10 venne a Canove insieme con un’amica. Chiamai Albini e l’accompagnammo…
Ieri sera fu sera di baci e di carezze: Bibi ! Bibi!
Non ne potevo più, Albini e l’altra presero una strada; io Bibi un’altra; passai un quarto d’ora di semi…felicità. In mezzo ad un’abetaia ci baciammo  ci stringemmo.
Che bei baci sa dare quella Bibi! Sembra voglia sugellarli nella bocca…
C’era l’ordine di partire oggi da Canove ma.. il contrordine immancabile, ha sospeso la partenza.
Forse vedrò di nuovo Bibi stasera. Mi diede un quadrifoglio, lo lego a questa pagina per ricordo.

Canove Prima Guerra Mondiale

 

13- Giugno Domenica

Dalle 22 di ieri alla 1 di stamane sono stato in un piccolo fienile (un vero nido d’amore) insieme con Barbarina. Una fanciulla venuta dall’austria da poco tempo. Conquista completa…
Oggi è venuto a visitarmi mio fratello: non so descrivere l’emozione provata all’annuncio  del suo arrivo.
Ho passato una giornata lieta e…triste nello stesso tempo. Egli domani andrà di nuovo via: Lo rivedrò ancora? Sarà forse l’ultimo bacio che ci daremo ? No, no! Perché pensar male ? Auguriamoci di rivederci dopo la guerra.
Ho rivisto Bibì è venuta nella mia camera, s’è coricata sul mio letto a riposare. Stasera poserò il mio capo sul guanciale ove lei ha posato il suo: dormirò sotto le coltri in cui è ancora impressa l’orma del suo corpo divino…Domani spero rivederla e ribaciarla.
F.Gioia
ore 0,30
Ho lasciato ora Barbarina; siamo stati insieme nel fienile fin dalle dieci: ma per godere ho dovuto immaginare in lei Bibì. Stringendola a me, avevo dinnanzi agli occhi l’immagine di Bibì; ad ogni bacio che le davo ripetevo in mente il nome di Bibì. L’odore del fieno, è un potente eccitante ed il gioco d’amore… s’è ripetuto più fiate. Ma nel baciar colei l’unico mio pensier – Bibì tu sei ! 
F.Gioia

 

14 – 6 – 915

Siamo sempre a Canove.
Ho rivisto Bibì!... Quali baci ? Quali frenetici abbracci !...
Sono le ore 1,30 del 15 giugno ho lasciato or ora Barbarina. Anche questa è una bella bimba, ha dei capelli splendidi: nerissimi degli occhi meravigliosi,un petto discreto (e mi da tutto…)
I nostri forti tacciono e sembra siano stati danneggiati seriamente.
Fin da ieri l’altro al Verena è morto il capitano, due subalterni e oltre 80 feriti e morti.
Speriamo siano gli ultimi.
Si dice che il nemico abbia piazzato dei pezzi da 305 contro i nostri forti. Oggi si sentono delle detonazioni formidabili.
F.Gioia

 

                                            

                                 

Forte_Verena

 

25 giugno 1915

Dopo un breve soggiorno ad Asiago ritornammo di nuovo al fronte ieri l’altro. Abbiamo cambiato zona ;
ora siamo 1 Km. innanzi all’Osteria del Termine , un po’ più a  Nord del posto ove s’era prima.
Il 1° e 2° battaglione sono nelle trincee di 1a linea: noi siamo in riserva in Val Sparavieri. Si prepara una grande avanzata da farsi fra giorni. I pezzi da 305 si stanno mettendo in posizione.
Il Colonnello Romano, che comandava il 3° battaglione è andato via.
Non per questo le condizioni sono migliorate.
Come far notare agli alti  comandi le bestialità che quotidianamente si commettono in questo reggimento ?
Tutti i servizi funzionano con i piedi. La più grande ignoranza dirige ogni operazione. Il servizio dei viveri funziona malamente e da due notti siamo senza paglia…
Che dire dei comandi di battaglione  e di compagnia ?...
………..
Ho ricevuto una cartolina da Nica. Ad Asiago vidi ancora una volta Bibì e le diedi un altro bacio.
ore 20,15  
F.Gioia

 

 

30 giugno - ore 18 -

Da due giorni lavoriamo a costruire trincee. Anche di notte, poiché il posto è molto battuto dall’artiglieria nemica. Ieri mattina alle 8½  mi recavo a dare il cambio a Senise e fui costretto a ripararmi in fretta sotto delle rocce. Gli shrapnels  scoppiavano sopra di me e fortunatamente restai illeso.
Stamattina si è lavorato con calma.
Un riflettore nemico dalla punta di Vezzena rischiarava di tanto in tanto la china. Nessuno ci ha disturbato.
Stamani due soldati del 4° plotone sono stati feriti sulle trincee (Zetti e…) Da domani prenderò io il comando della Comp. perché il Capitano va al vettovagliamento.
E’ venuto il nuovo comandante del battaglione: T. Colonnello Boselli.  
F.Gioia

Termine, Millegrobe, Luserna, Vezzena - Magico Veneto

6 luglio 915

Siamo accampati un po’ più innanzi. Si continua la costruzione della trincea. La notte del 4 molte pattuglie ufficiali si sono spinte in esplorazione contro il fronte nemico. Io comandavo una pattuglia di 10 uomini.
Mi sono spinto con essa lungo la rotabile di Vezzena fino ai  reticolati nemici; la rotabile è rotta in vari punti da granate. Siamo stati in operazione per vario tempo presso le trincee nemiche difese da due linee di reticolato. Alle 2 del 4 siamo andati ad appostarci tra l’erba ad un Km. di distanza e tutto il giorno 4 siamo rimasti a spiare le posizioni nemiche strisciando nell’erba come le lucertole, ma non ci è riuscito vedere nemmeno un austriaco. Nemmeno un colpo di fucile è venuto a disturbarci.
Verso le 18 una pattuglia di nostri alpini, scambiandoci per austriaci ci ha tirato contro un colpo di fucile; fortunatamente nessun ferito.
Nella notte ci siamo avvicinati di nuovo alle trincee nemiche; in esse regna un silenzio di tomba, s’ode solamente un lavorìo che sembra sotterraneo e che mette nell’animo un non so che di misterioso e di sinistro.
Dopo aver fatto varie osservazioni siamo rientrati all’accampamento verso le 2 del 5.
 Avevo una gran fame….
Oggi la giornata è passata tranquillissima; ne noi medesimi si è tirato un sol colpo di cannone. Comincia a darci un po’ di noia il caldo. Siamo in luglio… Saremo ancora in guerra nel prossimo inverno?
Ore 17,45  - 
F.Gioia

 

12 luglio –

Continua il bel tempo. Continua la preparazione per l’avanzata. Continua la costruzione delle trincee. Continua il noioso cannoneggiamento nemico.
Questo ci procura più noia che danni : infatti tira in media 200 colpi al giorno e fino ad ora non abbiamo avuto che pochissimi feriti e qualche morto del 116°.
Questa notte scorsa alcune compagnìe del  (1° o 2° ?) batt. e degli alpini, sulla nostra destra, han fatto uno spostamento in avanti; noi della 9a Comp. in riserva siamo stati pronti per accorrere in caso di bisogno. L’operazione però non è stata notata dal nemico e così le nuove posizioni sono state occupate senza combattimento.
Siamo sempre accampati lungo la rotabile di Vezzena; di rimpetto c’è la contrada della Brasolada.
Una rustica croce in legno con una giberna sospesa al centro, piantata presso una trincea, indica il posto ove morì un soldato del 115°. Più in giù, presso una batterìa da 149 ce n’è un’altra.
Quante ne sorgeranno ancora!
Le giornate fino ad oggi son passate relativamente calme.
Il mio Capitano, io ed il collega Senise, mangiamo alla mensa degli ufficiali del 1° battaglione del 162 che è innanzi a noi. Si mangia abbastanza bene; non manca né l’antipasto né il caffè e… neanche la musica…dei cannoni nemici. Regna in tavola il massimo buon umore. C’è il sottotenente Laudati che col suo schietto accento napoletano narra le esilaranti gesta del Paladino Rinaldo, imitando i burattinai di Napoli.
Questa notte spetta a me di turno la sorveglianza ai lavori della trincea.
Ieri ricevetti una cartolina da Nica. Enrichetta mi scrive quasi tutti i giorni. E Bibì cosa fara?
I soldati sono anch’essi allegri. Ora stanno abbastanza bene. Hanno vino, caffè, sigari ecc.
Si son già abituati a sentire il cannone ed ora non se ne curano più.
Da qualche tempo tutto l’ambiente  funziona un po’ meglio, sembra.
C’è qualcosa di più regolare e di più ordinato in tutto il reggimento.
Il nemico del resto deve temerci abbastanza; le nostre pattuglie che girano giorno e notte non incontrano mai un austriaco.
Noi tutti aspettiamo il momento di andarli a tirar fuori dalle loro trincee con la punta delle nostre baionette.
Credo che non dovremo aspettare molto per fare ciò.
Intanto ci hanno insegnato a lanciare bombe a mano ed a mettere tubi di esplosivi nei reticolati nemici per rovinarli. Fra poco è l’ora della mensa onde lascio di scrivere.
ore 18.15.  
F.Gioia

 

31 luglio 1915 – ore 19

Da molti giorni non ho più scritto il mio diario; perché ?
Per una deplorevole pigrizia, forse. Avrei potuto notare vari fatti, varie osservazioni, ma ho sempre rimandato.
Tra il 14 o il 15 scorsi, la mia compagnìa lasciò l’accampamento che aveva lungo la rotabile, e si portò in primissima linea tra la 16a e la 7a. Si cominciò subito la costruzione di una trincea, nella notte;
la trincea più avanzata di tutta la linea poiché dista solo 2 o 300 metri dal fortino nemico di Basson.
La notte si era continuamente disturbati dal riflettore nemico e da qualche tiro del forte di Luserna che gli austriaci cercano di riattare.
Una notte un soldato della 11a compagnìa ch’era di vedetta, fu colpito alla nuca da uno shrapnel e rimase cadavere all’istante.
Povero e bravo soldatino! Nessuno forse di quanti lo conoscevano saprà dove è morto; invano la sua povera mamma cercherà nell’immaginazione il luogo in cui è piantata la rustica croce. Egli era la solo, vigile, per proteggere tutti i suoi compagni da una sorpresa nemica, e cadde fulminato, senza aver nemmeno il tempo di considerare, la grandezza del suo sacrificio.
Qualche giorno dopo una pattuglia nemica riuscì ad internarsi nella nostra prima linea; ma fu sorpresa ed inseguita dal Tenente Sanseverino con alcuni soldati ed un caporale. Gli austriaci fuggirono, uno solo, un cacciatore tirolese si fermò a far fuoco sui nostri e ferì un caporale, ma fu a sua volta ferito da due nostri colpi. Cadde : fu soccorso dai nostri, ma nulla rispose alle domande che gli furono rivolte.
Fu portato al posto di medicazione, ma vi giunse morto. Venne sepolto con gli onori militari, ed accanto a lui, pochi giorni dopo, veniva sepolto anche il nostro caporale da lui ferito.
Il nuovo nostro accampamento era troppo esposto ai tiri nemici e decidemmo di andarcene in trincea in permanenza.
Noi tre subalterni della compagnìa ci avevamo costruito una baracca semiblindata nella quale stemmo abbastanza bene una notte ed un giorno; il giorno dopo venne l’ordine di ritornare in  2a linea per il riposo e cedere il posto al 162°. Per quanto sentissimo materialmente bisogno di un po’  di riposo, pure quasi quasi ci rincresceva di lasciare quel luogo che occupavamo da tanto tempo, ove tanti lavori avevamo fatto.
Verso le 9 di sera una pioggia torrenziale venne giù.
L’acqua penetrava dappertutto; nelle trincee e specialmente nella nostra capanna. Qui eravamo ricoverati il Collega Giaccardi ed io, Senise era andato a dare il cambio alle piccole guardie.
Anche il Capitano fu costretto a lasciare il suo ricovero blindato ed a rifugiarsi in trincea ove l’acqua penetrava più difficilmente.
Nella nostra capanna l’acqua saliva velocemente ed era arrivata già alta circa 40 cm.
Giaccardi ed io accovacciati su dei tronchi d’albero, avvolti nelle mantelline, speravamo che finisse di piovere una buona volta.
Ad un tratto ritornò Senise con la sua solita calma; ci disse ch’era tutto fradicio e con l’aiuto d’una lampada elettrica tascabile ci aiutò ad uscir fuori da quel pozzo. Intanto si sentivano molto spesso dei colpi di cannone e per tutta la notte vi fu un continuo fuoco di fucileria da parte delle nostre sentinelle. All’una cominciammo a radunarci per andar via. Era una notte oscurissima. Attraverso il bosco, uno dopo l’altro rintracciammo la strada; incontravamo spesso dei gruppi di ombre vaganti.
Quanti ruzzoloni, quante bestemmie soffocate…
Finalmente ai primi albori eravamo in vicinanza dell’albergo del Ghertele ove giungemmo poi alle 5½.
Restammo qua però fino alle 16 e poi ripigliammo la marcia per Canove, il 3° Battaglione;  per Roana il 1° e per Camporovere il 2° col comando di reggimento.
In questo breve soggiorno a Canove, ci siamo ripuliti, riordinati ecc. ma non riposati.
Abbiamo rivisto il letto è vero; abbiamo rivisto dei visi femminili (purtroppo)* ma si è lavorato anche qua.
Andai a Conca a salutare Bibì e le diedi un altro bacio. Forse ritornerò a salutarla oggi o domani.
Giorni fa venne a trovarmi di nuovo mio fratello che rimase con me circa tre giorni. Che piacere provai nel rivederlo. Egli vorrebbe essere richiamato; comprendo il suo entusiasmo e lo ammiro, ma non gli consiglierei di farlo.
Domani  (2 agosto) ritorneremo in prima linea. Quali altri avvenimenti ci si preparano?
1 – Agosto – 915 ore 7,30     
F.Gioia

 

Altopiano Asiago, cicloturismo mountain bike : Ghertele, passo ...

6 Agosto 1915

 Da due giorni sono ritornato in trincea. Dovevo entrare all’ospedale per curare un male* non di guerra, ma quando mi presentai mi dissero che dovevo essere curato presso l’infermeria del Corpo. La nostra nuova trincea, o meglio i ricoveri (poiché la trincea è in costruzione) è a 2 o 300 metri dal fortino austriaco di Basson. I miei soldatini han costruito una magnifica casetta. E’ scavata nella terra per oltre un metro, ricoperta con travi e terra : il letto, se così si può chiamare, è fatto di due reti da frane sostenute da bastoni. Ora mi ci han fatto anche l’uscio, con un telo da tenda. Tutti questi soldati sono ammirevoli; sono dei bravissimi ragazzi; nel mio plotone c’è dei giovanotti veramente bravi. Chi potrà dimenticare tutti questi giovanotti che faranno con me la guerra ? Saranno i soldati di cui io serberò il più caro ricordo; ormai la distinzione tra superiore ed inferiore non esiste che nella sostanza, nella disciplina: la forma, la differenza di vita è scomparsa; si veste nello stesso modo; si mangia nello stesso modo, si dorme nello stesso modo. Anche se c’è qualcuno che non è perfettamente a posto, esso scompare nella massa oppure subisce l’influenza dell’ambiente. Del resto son tutti ammirevoli per la convinzione e la rassegnazione con cui lavorano e si sacrificano. Io li amo come fratelli, e soffro immensamente quando per qualche loro spensieratezza son costretto a punirli:

C’è Quaglia, il lunghissimo, nemico acerrimo dello zaino, ma ottimo giovane; la sua testa spunta sempre al di sopra di tutte le altre. C’è il Cap.Maggiore Tommei; il Cap. Piergiovanni; il Cap.Magg.Mollea, diligentissimo in ogni suo dovere; il Cap.Magg.Perona, reduce dalle Argonne; e poi Capolo, Vittone, Bonis, Forno, Rovellino, un soldato serio che fa tutto ciò che gli si ordina senza mai protestare; ma a me rincresce tanto vederlo sempre così serio e quasi pensieroso.
Il vispo Castelvecchi, e Vigani; e Gelato, e i due bravacci Vegeto e Rossero; e il Cap.Puccini ed il Caporale Valentini e Portigliatti ed altri ancora tutti, tutti li ricorderò questi miei bravi soldati.
Ho dimenticato di parlare della consegna della bandiera al nostro reggimento.
Il 161°, come tutti gli altri regg. di Milizia Mobile, ha avuto la bandiera che prima non aveva.
Il giorno 20 o 22 del mese scorso, tutto il reggimento fu riunito in un prato tra Camporovere e Canove.
La bandiera, scortata da due compagnìe, apparve sulla rotabile.
Come era bella, tutta nuova, fiammeggiante; lo sventolìo di quel tricolore che palpitava allo splendido sole di luglio, fece correre un fremito per tutto il mio sangue; pensavo:
Toccherà forse a me, portare quel sacro vessillo un giorno nel momento dell’assalto; e quando il Signor Colonnello invitò il reggimento a giurare che avremmo difeso la nostra bandiera fino all’ultimo sangue: lo giuro! gridai con altri 3000 uomini che in quel momento fremevano come me.
Il sottotenente Virga, allora portabandiera, ora è tenente e quindi essendo io il sottotenente più anziano del reggimento, ora spetta a me essere portabandiera; Oh ! potessi avere io la fortuna di portare il caro tricolore in mezzo alla battaglia, quando il mio reggimento si slancia all’assalto sull’odiato austriaco ! Potessi io piantare il caro e glorioso tricolore sulla posizione conquistata, mentre intorno i vittoriosi gridano Evviva !
Un’altra cosa che mi fa gran piacere à la trasformazione che ha subito il reggimento; salvo qualche piccola manchevolezza, ora va proprio bene. Il Comandante la Brigata ed il comandante la Divisione ne sono ammirati; Pensando a quello che era due mesi fa rimango meravigliato del progresso.
Ho ricevuto ieri un’altra lettera dalla Signorina Guiscardi; è una signorina di Soverato Marina che conosco per…iscritto. Era alunna di mia sorella; sentì per me della simpatìa (attraverso i discorsi che di me le faceva mia sorella) e mi scrisse; io le risposi e così cominciammo la nostra corrispondenza; ora ci scriviamo quasi come due innammorati. Spero conoscerla dopo la guerra. Anche la sorella Lilla mi scrive, ma non così spesso. Mi ha scritto ieri anche Nica ed anche Flora; che belle ragazze!...
Aspetto ora la mia promozione a tenente che non deve tardare di molto; anche quella sarà una bella soddisfazione.
Son le 19,5: Gli austriaci tirano cannonate alla estrema destra della nostra linea, forse sulle posizioni tenute dalle guardie di finanza o dagli alpini.
Questa notte scorsa si son sentite molte fucilate e alcune vedette dicono d’aver sentito delle grida che il nemico faceva per trarci in inganno. Speriamo che quest’altra notte  trascorra più tranquilla.
F.Gioia

 

 

16 – 8 – 915 –

Da due giorni le nostre artiglierie di grosso calibro, stanno bombardando le posizioni nemiche. E’ una continua pioggia di granate che solcando l’aria e mugolando vanno a picchiare sui forti nemici; sulle loro trincee, nei reticolati.
Il continuo cannoneggiamento ha inebriato tutti noi. Non aspettiamo altro che il momento di slanciare innanzi per finire una buona volta questo ostinato nemico. Poco fa si son sentiti alcuni colpi di fucile. Anzi se n’è sentiti parecchi verso sinistra.
Ho visto stamane una nostra granata colpire in pieno le trincee di Basson: è stato un macello: terra, travi, pietre sono sprofondate, saltate in aria, sparse qua e là.
Qualche austriaco fuggendo è stato preso a fucilate dai nostri. Che bellezza !
A mezzogiorno la mia compagnia si è spostata un po’ più avanti e più a destra; ora siamo vicinissimi al nemico; abbiamo il Vezzena sulla nostra destra; il Luserna ci è quasi alle spalle; siamo dislocati a cuneo quasi contro la linea nemica.
Il cannoneggiamento continua. Le batterie nemiche tacciono ora.
Sembra che il bombardamento durerà alcuni giorni; poi la valorosa fanterìa si slancerà contro le posizioni nemiche per scacciare la fanteria nemica con la baionetta.
Ci vedremo fra poco a rendere i nostri conti, carissimi austriaci; la bocca del mio fucile e la lama della mia baionetta vi parleranno per me; vi faran vedere cosa valgono gli Italiani.
ore 17 –
F.Gioia

                                                                                                                                                  

 

21 – 8 – 915 – ore 17,15 –                                                                                           

 Proprio in questo momento è terminata la funzione della sepoltura del sottotenente Domenico Zucchi del 1° battaglione. E’ stato ferito stamane verso le nove da una palla nemica mentre col binocolo osservava la linea delle posizioni austriache. Era un bravo ed intelligente ufficiale. La funzione si è svolta con una semplicità solenne e commovente. I suoi esploratori avevano preparato delle corone e dei fiori; la fossa rivestita di rami d’abete era circondata di fiori con a capo una croce di fiori anch’essa. Il cappellano ha finito di benedire la cassa di legno grezzo in cui era chiusa la salma del povero Zucchi; la cassa è stata calata nella fossa con due corde; due soldati si sono accostati alla fossa piangendo e hanno gettato sulla cassa due bracciate di fiori campestri. La terra poi ha riempito il vuoto, sulla terra il muschio sul muschio i fiori e le corone. Tutti o quasi tutti piangevano!

 Prima che la cassa fosse discesa nella fossa il Sig Generale di brigata ha parlato delle ottime qualità del morto del prezioso servizio reso da lui pochi giorni fa, percorrendo tutto il fronte nemico e disegnandone la posizione. E’ la prima volta che assisto alla sepoltura di un morto in guerra. Non posso descrivere quale effetto ne ho riportato sull’animo. Ma! oggi ad uno, domani all’altro!...

 

                                    

Nota: Il volume “Altipiani di fuoco” di Leonardo Malatesta, alla pag 28, riporta  la descrizione minuziosa circa la perlustrazione di un ufficiale subalterno fatta sul terreno dell’attacco, citando al penultimo rigo della pag. 31: “Zucco”,  il sottotenente Domenico Zucchi del quale qui sopra Flavio ne parla.   

  

 

 Precisazione dovuta:  Da contatto dell' 8 marzo 2015 con il sig. Italo Riera, pronipote del caduto, risulta essere esatto il cognome  Zucco e non Zucchi come riportato dall'autore del  presente diario, attraverso il quale, dopo un secolo, lui e gli altri congiunti dell'ufficiale sono venuti  a conoscenza del giorno e dell'ora della Sua morte  e  di tutti i particolari relativi  alla funzione funebre sopra descritta.

 

 

Da quattro giorni le nostre artiglierie stanno scaraventando un mondo di fuoco e d’acciaio sulle posizioni nemiche. I nostri pezzi dal 305 al 65, han preso di mira ciascuno un proprio obbiettivo da battere, ma purtroppo fino ad oggi gli effetti sono molto piccoli sembra. Fra qualche giorno noi di fanteria  daremo l’assalto alle trincee  nemiche e allora vedremo come gli austriaci dovranno alzare i tacchi… se ne avranno tempo.

Io sarò portabandiera del reggimento. Quale onore alla prima battaglia a cui io e la mia bandiera  prendiamo parte, a me spetterà la fortuna d’innalzare il sacro ed amato vessillo sulle posizioni conquistate.
Sembra che l’azione sarà iniziata dagli alpini alla nostra destra i quali dovranno impadronirsi dello Spitz di Vezzena.
Il 161 dovrà attaccare il Forte di Busa di Verle  e quindi segue il 162 contro Costa Alta e poi il 115 contro Luserna. C’è poco ancora da attendere; forse qualche giorno. Intanto ora sono anche direttore di mensa al nostro battaglione. 
Siamo in otto a tavola e regna molto buon umore. 
Per dare l’assalto alle trincee nemiche sarà necessario aprire prima qualche varco attraverso le intricatissime difese accessorie fatte dal nemico. Tale compito è affidato ai reparti guastatori; gente ardita e volontaria che dovrà cacciarsi innanzi e con ogni mezzo: esplosivi, forbici ecc. rovinare o distruggere i reticolati nemici.

La salma del povero Zucchi riposa sotto i fiori e sotto la terra; domani o dopo domani quando le nostre truppe passeranno vittoriose accanto alla sua tomba,nessuno forse penserà che molta  parte per la vittoria fu messa da lui.

F.Gioia

 

24-8-915

La prima grande azione è vicina.
Oggi ha lavorato molto la piccola e media artiglieria e questa notte toccherà alla fanteria.
In tutto il nostro accampamento è un affaccendarsi grandissimo.
Ordini: impianti di telefoni; zaini; tende ecc. muli, pane, viveri di riserva.
Ho scritto oggi ai miei inviando loro il saluto e l’augurio di rivederci:
Veggo in questo momento (ore 17) il sottotenente Di Majo comandante il plotone guastatori che s’è fatto bello. Una animazione insolita regna dappertutto come ogni momento che precede una grande azione.
Cosa sarà successo domani a quest’ora? Auguriamoci ogni bene ed un’ottima riuscita.
Viva l’Italia, viva la mia bandiera.Partiremo alle 19 dalle trincee.
Alle 22 gli alpini sulla nostra destra muoveranno alla presa di Spitz di Vezzena. Quindi avanzerà il 161 alle 24 e poi il seguito. Intanto i guastatori lavoreranno fin dalle 21. Viva la vittoria.
F.Gioia

 

25-8-915

La giornata tanto aspettata finalmente è arrivata e purtroppo….. Purtroppo perché meglio era se non fosse arrivata. Quale notte terribile quest’ultima!
Ora sono le 14, circa 24 ore da quando scrissi la pagina precedente, ed in 24 ore quanti avvenimenti! Quante speranze perdute, quanti errori commessi, quante vite spente, quanto sangue versato inutilmente.
Le mitragliatrici nemiche hanno dato prova questa notte di tutta la loro diabolica potenza.
Su tutto il fronte nemico ve ne saranno circa 20 e queste tengono a bada un intero corpo d’armata.
Nonostante la nostra artiglieria avesse lavorato per otto giorni di seguito, pure gli appostamenti delle mitragliatrici nemiche erano intatti.
Ora tutto il reggimento è raccolto nel bosco Varagna internato a mo’ di cuneo tra Spitz Verle e Busa di Verle aspettando l’ora di ritornare alle trincee lasciate questa notte.
Ora non posso più scrivere. Continuerò più tardi.
F.Gioia

 

30-8-915

Riprendo dopo  cinque giorni il diario: Nel combattimento del 25 i nostri hanno avuto molte perdite; il 115 è stato decimato; il 162 anche ha avuto molte perdite; il 161 pochissime.

basson- Cime e Trincee

Fu ferito tra i primi il tenente Sanseverini, poi il tenente  Albini.
L’azione cominciò verso le 22,30.
Il mio battaglione era in prima linea tra gli alpini a destra ed il 162° a sinistra; dietro al 3° batt.one era il
2° e dietro il 2° il 1° con cui ero io nella 2a Compagnia.
Alle 20,15 mi ero recato al Comando del Reggimento a prendere la bandiera; ricordo che nel prenderla e nel portarla pensavo: chi sa se domani essa sventolerà sulle posizioni nemiche! Chi sa se io la vedrò.
Quando la 2a Comp. iniziò il difficile passaggio attraverso il camminamento scoperto che mena nel bosco di Varagna, gli shrapnel nemici già battevano gli Alpini nostri.
Io con la 2a Comp. rimasi appostato nel bosco a poca distanza dalle linee antistanti; ben presto il crepitìo delle mitragliatrici si fece sentire e le palle  cominciarono a fischiare tutto intorno a noi. Venivano giù granate, shrapnel ecc.Intanto la nostra artiglieria da montagna, in linea con la fanteria controbatteva in certo qual modo il fuoco nemico.
Ma avanzare era impossibile: si sarebbe rimasti tutti sul terreno. Una pallottola venne a cadere proprio accanto a me, bucando la mantellina del Serg. Magg. Malorgio che era di scorta alla bandiera.
E non potendo avanzare, rimanemmo fermi sul posto. Verso le 3 il fuoco indebolì fino a cessare del tutto. Restammo tutto il giorno nel bosco, indisturbati, ed alle 18 ripigliammo la via del ritorno. Il colonnello mi precedeva ed io con la bandiera gli andai dietro seguito dalla compagnìa Stato Maggiore.
Lungo il sentiero incontrammo una barella su cui era portato il cadavere del sottotenente Amicucci del 162° che dolore diede a tutti noi la morte di quell’ufficiale. Egli comandava i guastatori e cadde nei reticolati nemici. Io non vidi che solamente i suoi piedi che uscivano sotto la coperta che lo ricopriva; eppure quei soli piedi, calzati con scarpe da riposo, mi son rimasti impressi in mente. La mia compagnìa ebbe un solo ferito.
Dalle 18 in poi in tutta la zona della battaglia regnava una calma solenne e triste; una calmasepolcrale che faceva venir le lacrime agli occhi; il cappellano del 162° con i portaferiti andava raccogliendo i nostri feriti e i nostri morti.
Le artiglierie tacevano e nemmeno un colpo di fucile rompeva la quiete di quell’ora funebre.
Posai la bandiera al comando del reggimento e ritornai in compagnia di cui presi il comando poiché il mio capitano da due giorni era stato promosso maggiore.

 

31-8-915

Ieri l’altro è stato il giorno più brutto della campagna. Sono stati condannati due soldati. Uno del 162° è stato fucilato; uno del 161 è stato condannato a 20 anni di reclusione militare.
Quale impressione dolorosa lasciò su tutti i presenti la fucilazione di quel soldato!
Si chiamava Garde Alessandro, era nato im Francia, sembra, era della 3a Compagnìa del 162. Egli era attendente d’un tenente e una notte tentò di disertare per passare al nemico. Ma sorpreso da una nostra pattuglia fu arrestato e legato sotto una tenda con la guardia accanto. Però la notte seguente riuscì ad eludere la vigilanza e tentò di nuovo di fuggire. Riconosciuto da due suoi camerati fu da essi afferrato e di nuovo legato.
L’altro invece è Reposio Mario della mia compagnìa: questi la notte dal 24 al 25 all’imizio del combattimento, preso da panico si sbandò, vagò due giorni per i boschi finché fu fermato sulla rotabile di Asiago dal Sottotenente Vosse  e consegnato ai carabinieri dell’Osteria del Termine.
Ieri l’altro si riunì il tribunale straordinario di guerra.
Per le ore 14,30 presso la località detta Croce di Vezzena, adiacente alla rotabile, si trovarono riuniti reparti d’ogni arma e specialità.
C’erano soldati del 161 e del 162, degli alpini, dell’artiglieria, della cavallerìa, del genio, della sanità ecc.
Tutti disposti in quadrato. Un lato di questo era chiuso da tre tavoli con sedie ove si assise il tribunale.
Questo era formato dal Presidente (Magg.Gener: Murari Della Corte Bra, comand.te la Brig. Ivrea), da due giudici: Colonnelli del 161 e del 116, da tre membri : tre capitani; dall’avvocato fiscale militare e da un Sottot. difensore.
Il Presidente lesse l’avvertenze prescritte dal regolamento di disciplina e poi lesse l’atto d’accusa del Gard imputato di diserzione e recidivo. Quindi fece avanzare l’imputato. Povero disgraziato.

Era un giovane piuttosto alto, ben fatto, dalle ciglia riunite e molto curve. Guardava a terra. Aveva le mani legate con catene ed era fra due carabinieri:

Furono interrogati i due testimoni in sua presenza; parlò quindi l’avvocato fiscale militare che chiese la pena di morte mediante fucilazione alla schiena previa degradazione. In ultimo parlò il difensore.

Fu fatto allontanare l’imputato ed il tribunale deliberò in segreto. Poi fu fatto avanzare  di nuovo l’imputato; la truppa presentò le armi; il tribunale s’slzò e cominciò a leggere la sentenza.

Man mano che s’avvicinava alla conclusione il momento si faceva più solenne. Il silenzio lugubre che regnava, l’attenzione che tutti tenevano rivolta verso le parole del generale, mettevano nell’animo un’impazienza che si sarebbe voluto non finisse mai.

Il Generale finì dicendo: “…. e lo condanna alla pena di morte mediante fucilazione alla schiena, previa degradazione”
Io guardavo il condannato; sembrò avesse un’impercettibile commozione; tutti gli altri spettatori; eran forse 2000, commentarono in silenzio. Fra le voci dei soldati se ne sentivano molte che approvavano la giustezza della sentenza.
Fu portato lontano il condannato al quale fu letta una lettera giuntagli allora dai suoi dalla Francia.
Poveri parenti suoi! Essi erano ben lungi dall’immaginare l’immane sciagura toccata al loro congiunto; erano ben lungi dal pensare che il loro figlio fra pochi  minuti sarebbe stato fucilato come un traditore.
Il condannato ascoltò la lettura della lettera, ma non si commosse. Doveva avere un cuore ben duro! Poi i
cappellani si avvicinarono a lui e cominciarono a dargli gli estremi conforti.
Quali pensieri avranno attraversato la mente di quel disgraziato in quei momenti che precedettero la sua fucilazione ?
Cominciò quindi il processo del Reposio; che fu meno interessante del precedente.
Quest’altro soldato si presentò in condizioni miserrime.
Il suo fisico meschino; i suoi occhi smorti e sonnolenti, la sua uniforme stracciata e sporca gli davano l’aspetto di un miserabile.
L’avvocato fiscale, pur riscontrando la gravità del reato un po’ inferiore alla precedente, giusto il prescritto dal codice militare, chiese anche per questi la pena di morte.
Ma il tribunale, tenendo conto  come attenuante delle tristi condizioni fisiche sue, lo condannò a venti anni di reclusione.
Appena il Reposio fu portato fuori; il lato del quadrato opposto al tribunale fu fatto sgombrare dagli Alpini che lo tenevano; e nel centro vi fu collocato uno sgabello. Fu fatto avanzare il Gard tra i carabinieri, e solamente questa volta,(mi passò davanti lontano pochi passi) immaginai cosa doveva passargli nell’animo a giudicare dai passi stentati che faceva.
Una squadra di soldati con i fucili già carichi avanzò dietro di lui, il caporale gli bendò gli occhi con una pezza bianca e d’allora ei non vide più luce, i carabinieri lo condussero allo sgabello ove sedette con la schiena rivolta a tutti noi. I suoi occhi erano già chiusi sotto la benda e non si sarebbero mai più aperti…
Il cappellano: un monaco dalla lunga barba rossa, gli sussurrò qualche parola all’orecchio, l’aiutante maggiore in 1° del 162° ordinò il punt  a bassa voce a sei dei 12 soldati, vidi i soldati mettersi al punt ed io mi coprii gli occhi con le mani. Qualche secondo dopo una rapida scarica di pochi colpi mi fece capire che il Gard, il traditore era stato punito.
Volsi rapidamente gli occhi da quella parte; intravidi un corpo esanime e non guardai più. Rapidamente la truppa fu riordinata e condotta ai propri accampamenti. Un soldato del drappello d’esecuzione era caduto svenuto !...
I soldati camminavano mesti silenziosi o comentando, ma tutti affermavano che le due sentenze erano state giuste.
F. Gioia

 

 

2 ottobre 1915-

Povero il mio diario! Per un mese intero è rimasto dimenticato nello zaino, seguendomi dappertutto ma sempre al buio di tutto. Però in questo mese di settembre molto di straordinario avvenne: Ovvero avvenne una cosa molto bella e da me molto attesa: la mia promozione a Tenente. L’aspettavo da vario tempo e finalmente nel “Corriere della sera” del 17 venne il bollettino tanto atteso. Feci attaccare immediatamemte la seconda riga al berretto e la seconda stelletta alla giubba, e fui felice; proprio felice!
Il 16 partii per Asiago quale foriere dall’aggio del mio battaglione che vi si recò per cinque giorni per fare un po’ di pulizìa. Rividi un po’ di vita cittadina, dopo oltre 55 giorni e provai un gran piacere nel bagnarmi in una vasca, nel coricarmi fra le bianche lenzuola di un letto, nello svestirmi, nel vedere il viso di qualche bella fanciulla.Tutte cose che da molto tempo non facevo.
Io con la mia compagnìa da me comandata, andai ad accantonarmi a Gallio, un paese a tre chilometri da Asiago di qualche migliaio di abitanti. Io con i miei colleghi prendemmo alloggio all’albergo di S. Francesco e la truppa fu tutta alloggiata in una casa.
Passammo quattro giorni di una matta allegrìa in compagnìa del tenente Pedretti delle guardie di finanza, e
dei sottotenenti medici Bellinazzi e Poddique.
Si bevve quasi tutte le sere dello champagne  e del bellicoso spumante che una  sera bagnò tutta la mensa, le pareti, i commensali ecc., la sera si andava un po’ a canticchiare lungo la rotabile e Chiarena ebbe così agio di dare sfogo a tutta la sua matta allegrìa esilarando tutti straordinariamente. Passammo qualche mezz’ora in conversazione con fanciulle e così dopo quattro giorni ritornammo al fronte, al bosco di Varagna la pioggia ci accolse e ci ha tenuto compagnìa fino a ieri. Ora il tempo è sempre umido e nebbioso. Da un mese i soldati son quasi tutti adibiti a lavori per costruire strade, baracche, trincee ecc. Il bosco di Varagna ormai è stabilmente occupato : i trinceramenti in cemento armato procedono alacremente, ed anche i baraccamenti sono abbastanza innanzi.
La compagnìa ora è comandata dal Capitano Brienza già aiutante maggiore. Il nemico rimane sempre nella sua difensiva ultra passiva. Di tanto in tanto lancia qualche colpo di cannone innocuo. Noi continuiamo sempre a disturbarlo con pattuglie ed azioni dimostrative. Dal giornale ho appreso che i francesi hanno cominciato un’offensiva decisa e fortunata. Continuerà la guerra nell’inverno?
Chi sa niente. Noi ci prepariamo a farla anche con le nevi altissime. Siamo decisi a non cedere un palmo di terreno conquistato e a conquistarne altro . La posizione nemica che c’è di rimpetto è un pezzo durissimo;
ma è per questo che noi siamo accaniti contro di essa.
Se si vedesse la vita che si svolge in questi boschi in questi giorni si capirebbe subito che un’alacre attività ferve per …prepararsi ad una lotta lunga, ad una vittoria sicura e grande.
Soldati delle diverse armi e corpi che trasportano tavole, travi, pietre, filo di ferro spinato, lamiere di zinco per coperture, elementi di trincee in cemento armato ecc.
In tutti i punti più coperti e più riparati sorgono baracche blindate e ricoveri.
Ufficiali che dirigono e sorvegliano, ordinano, gridano, incoraggiano, puniscono ecc.
Soldati che corrono, scivolano, mangiano, bestemmiano, si nascondono, lavorano.
Cavalli e muli infangati carichi di casse cottura, e d’altro materiale; pazienti o ricalcitranti. Attrezzi, picconi, badili, seghe, martelli e chiodi; dispersi dappertutto. E per l’aria proiettili che sibilano, scoppiano uccidono raramente, e feriscono molto spesso.
Sono le 15,30 Chiarena ed Errico sdraiati sulla paglia imitano scene intime di vita galante. Senise rassetta la sua cassetta, io scrivo.
Di fuori giunge il rumore e il vociare degli uomini e lo scoppio di qualche granata nemica.
F.Gioia

 

13 ottobre 1915.
 Fu la mattina del 3 o 4 ottobre, se non erro, che la mia 9a Compagnìa fu provata per la prima volta quasi dalla fucileria nemica.
Era un’azione dimostrativa che tutta la 34a Divisione fece per aiutare la 9a che attaccava invece sul serio, dalle parti di Arsiero .
Dalle 5 del mattino cominciò l’azione. Verso le 7 circa, ebbi l’ordine dal Comandante del battaglione di prolungare la destra della 1° linea con la mia compagnìa.
Misi il 2° ed il 4° plotone distesi sulla destra dell’8a Compagnìa e tenni il 1° ed il 3° in riserva.
L’artiglieria da montagna nostra tirava violentemente contro le trincee nemiche. E sulla nostra destra, e molto indietro, gli alpini facevano un intenso fuoco di fucilerìa e mitragliatrici.
Io mi ero spinto con i miei molto innanzi, facendomi precedere da pattuglie, mi accorsi però che la mia ala destra non era protetta perché gli alpini erano molto dietro.
Avevo voglia di dare l’assalto alle trincee nemiche. Ma ci voleva altro…
Diedi avviso della situazione al Comando. Mi si rispose di spingere due plotoni fino al margine del bosco.
Il 2° plotone era più al coperto; il 4° invece aveva il tratto più pericoloso e ne riportò le conseguenze. Appena disteso infatti le pallottole nemiche gli grandinarono addosso. Fu tre volte ferito il Caporale Praglia; Fu ferito il trombettiere Blanda, che volle soccorrerlo; fu ucciso il soldato Pascaglini,fu ferito il soldato zappatore Santi, il guastatore Raviolo e fu ucciso il soldato Calet. Qualcuno pensava a soccorrere i feriti e portar via i morti, ma gli altri erano distesi in catena e facevano delle scariche di fuoco a comando sotto gli ordini del loro ufficiale il sottotenente Errico. Ma in pochi secondi erano stati già due morti e 6 feriti su trenta uomini.
La posizione era terribile e allora il plotone  ripiegò ed in ordine.
Tutto intorno a me ed intorno al 1° plotone ch’era dietro, le pallottole nemiche grandinavano col loro sibilo sinistro. Il plotone di 1a linea ripiegò e si riordinò subito. Come descrivere il raccapriccio che provavo nel vedere quei miei poveri soldati feriti trascinati in un luogo un po’ sicuro per non essere ancora colpiti ?
Come descrivere gli atti di coraggio e di audacia che molti compagni fecero per aiutarli. Tutti i feriti ed un morto, il Pescaglini, furono portati via, ma l’altro morto ch’era troppo scoperto non si poté prendere, rimase la fin quando l’oscurità non ne favorì il trasporto.
E a mezzogiorno venne l’ordine di ritornare agli alloggiamenti essendo stato raggiunto lo scopo.
La mia compagnìa ebbe l’elogio di tutti i colleghi e superiori per il contegno tenuto; ma  a me fece più piacere il notare che i miei stessi soldati furono soddisfatti della loro azione.
Ben due uomini però mancavano alla famiglia…e dopo due giorni il trombettiere Blanda moriva anch’egli all’ospedaletto.
 
14-10-915
 Intanto il comando della Compagnìa passò poi al Capitano Brienza.
Il giorno 11 assunsi il comando della 7a Compagnìa e con dolore grandissimo lasciai i miei cari soldati: il mio scelto 1° plotone.
La nuova Compagnìa è in uno stato miserrimo sotto ogni punto di vista, ma con un po’ di tempo e di pazienza spero raddrizzarla per bene.
Ho come subalterni il sottotenente Pozzi di Como, il sottotenente Ferri, siciliano, il sottotenente Alberisi,romano, ed un aspirante Gillardi torinese.
Ho perduta la compagnìa dei colleghi carissimi della 9a Comp. ma anche la compagnìa di questi è ugualmente bella.
Al Comando del reggimento è venuto il Tenente Colonnello Casoli. Continuano i lavori per l’inverno e per l’apprestamento difensivo.
F.Gioia
 
19 ottobre 1915-
Lasciai fortunatamente la 7a Compagnìa, il cui comando fu preso dal Sig.Cap.Angeluzzi del 160° Fant. e fui messo alla 6a assumendone il comando interinale, poiché il comandante effettivo a direzione dei lavori nel bosco Varagna, mentre la compagnìa è addetta alla costruzione di trinceramenti alle Baille.
E’ forse la migliore compagnìa del reggimento sotto tutti i punti di vista. L’accampamento è pulito; il rancio buono, i soldatidisciplinati: il bucato si fa in compagnìa e ciò fa si che la biancherìa dei soldati possa esser tenuta molto pulita.
Il Sig.Capitano Freguglia, molto giovane, e molto ansioso, ha già un buon nome nel reggimento e fu con vero piacere che accolsi la proposta d’essere suo subalterno.
Eppure non dimenticherò mai il mio caro 1° plotone della 9a Compagnìa.
L’altro giorno vidi i miei soldati della 9a ; passando innannzi a loro mi fecero un’ovazione di simpatìa e di riconoscenza che mi commosse.
Che bravi figliuoli! Alcuni mi domandarono di farli passare alla 6a, poiché volevano stare sempre con me.
Alla 6a Compagnìa trovai il neo capitano Pascucci; il sottotenente Milone, il sottotenente Capietti e l’aspirante Sartor, reduce dal 115°.
Essi han costruito una casetta meravigliosa; non ha che una camera, ma d’una perfezione straordinaria.
Esternamente è di tronchi d’albero e l’interno è foderata di tavole. Le pareti hanno per ornamento un pannello in pirografìa che un soldato della compagnìa lavora con chiodi arroventati. Altri ornamenti son fatti con corteccia d’albero. I mobili son rappresentati da una tavola rotonda e da quattro panche ad arco.
Il tutto in legno naturale guarnito con cortecchia. Un’ampia finestra a vetri da aria e luce alla cameretta, piena di semplicità e di buon gusto e in questo momento anche di calduccio.
Sono le 21,50: poco prima abbiamo riscaldato l’ambiente accendendo dei giornali.
I miei colleghi sono andati al vicino ospedaletto da campo a trovare gli ufficiali medici con i quali viviamo in armonìa.
Io sono nella “Villa Roma” (è così che chiamasi la nostra casetta) a scrivere. Accanto a me è il neo capitano
Dimerito. Di fuori i soldati dormono nelle tende.C’è qualche fuoco acceso.
Da tre giorni il tempo era bello e ne abbiamo approfittato per fare delle fotografie; ma stasera è venuta nuovamente la nebbia.Tra le truppe circola la voce di una nuova avanzata, ma nulla si sa di preciso. Sembra quasi certo che un’azione ci sarà; ma di che entità essa debba essere non si sa ancora.
Dalla vicina rotabile di Vezzena, mi giunge il rumore di qualche carro passante.
Che trasformazione straordinaria han subiti questi luoghi dall’inizio della guerra in poi.
La strada è stata allargata e per gran parte della sua lunghezza è tutta fiancheggiata da baracche, da tende, da trincee; carri; quadrupedi; cucine ecc.
Ogni reparto appena è giunto ad un posto ha fondato il suo alloggiamento creandovi le prime comodità, le più indispensabili: le cucine, gli uffici, gli alloggi ufficiali,e la loro mensa; poi questo reparto è andato più innanzi e allora quello che gli è succeduto ha migliorato ciò che ha trovato; poi un terzo ed un quarto reparto lo hanno perfezionato; son sorti così degli interi villaggi che dicono la vita ivi vissuta.
Si notano baracche, ricoveri, tane, fatte con ogni mezzo; con pietra, con terra,con tronchi; con ramaglia; scavatie in rilievo, grandi, capaci da 50 uomini e piccoli come un gusciop d’uovo. Ma in tutti si nota lacura di essere atti a riparare dalla pioggia e dagli shrapnel.
In qualche accampamento c’è anche l’altare; ma la cura principale dei soldati è rivolta ai cimiteri; alle tombe dei caduti.
Quasi in ogni accampamento ce n’è una. E i soldati s’ingegnano in tutti i modi di ornare quelle tombe, di abbellirle e quasi sembra vogliano alleviare al caro caduto il dolore della morte.
Come viene spontaneo e forte l’affetto per i compagni in queste circostanze!
Mio fratello è a casa da qualche giorno. Manco solamente io per completare la famiglia…
Oh! Se avessi le ali!...
Ora vedo le mie care sorelle ed il caro fratello, seduti intorno al focolare. Alcune lavorano di calza per me, altre leggono.
Parlano di me certamente, pensano a me e saranno in pena se un atroce pensiero va a turbare la loro mente. Parlano di me, fan progetti pel mio ritorno, ch’essi tutti attendono con ansia indicibile.
Oh miei cari: se sapeste come spesso penso a voi; se sapeste quanto è grande in me il desiderio di riabbracciarvi; se poteste solamente immaginare la pena che sento nel cuore vedendomi così lontano da voi da tanto tempo!
Eppure è necessario; eppure migliaia di giovani come me si trovano in condizioni ben peggiori…
Oggi un soldato di Trento al quale il capitano ha domandato chi aveva a casa sua, ha risposto:
”La sola mamma”. Ho pensato per un pezzo…
Oh povera e cara madre che tu possa rivedere il tuo figliuolo; e tu caro soldatino sii valoroso e fiducioso nella vittoria e vivi smpre nella speranza di riabbracciare un giorno la tua madre adorata…
F.Gioia
 
22-ottobre 1915-
Sono sempre alle Baitle, presso la rotabile che da Asiago, passando attraverso le linee nostre e quelle nemiche, porta a Lavarone, a Levico, a Trento.
Trento! il sogno di tutti noi; la parola d’ordine di tutti i soldati che oggi combattono lungo il confine del Trentino.
Ora sono le 21: Milone, Capietti e Sartor giocano al tre-sette, con un sottotenente della 3a Compagnìa.
Stamane i due battaglioni di Alpini che erano a destra del 161° di fronte allo Spitz Verle,il battaglione Bassano ed il Val Brenta, hanno lasciato la loro posizione e son partiti per ignota destinazione.
Alcuni credevano fossero destinati ad agire in Serbia contro la Bulgarìa; altri credevano, e forse con più ragione, che vadano a rinforzare le nostre truppe in Valsugana, ove sembra l’azione offensiva sia più facile che non sul nostro fronte. Ora il 161° copre un fronte enorme ed agisce dimostrativamente.
Il Comunicato del generalissimo (leggi Cadorna) , di ieri, annunziava altre nostre azioni fortunate presso il Garda intorno a Riva.
Ho scritto poco fa una lunga lettera a mio fratello.
Stamane quando son passati gli alpini son corso a salutare il tenente Mannerini della 94a Compagnìa.
Lo rivedrò? Chi sa. Auguri a me e lui.
Fu a lui che mi rivolsi per informazioni quando decisi di andare alla Scuola Militare di Modena-
Nesuna cosa interessante è avvenuta in questi giorni; che meriti d’esser notata.
Il mio antico battaglione, il 3° ha occupato il posto degli alpini.
Fra non molto forse sarò promosso Capitano. Chi sa la promozione dove mi scaraventerà.
L’altro ieri due austriaci hanno disertato. Mi han detto che son passati per la rotabile bendati, ma non li vidi.
Andiamo a letto.
F.Gioia
24-10-915 Domenica
Il Generale di Brigata mi ha mandato a chiamare stamane e mi ha ordinato di far chiudere le trincee e di rientrare questa sera stessa con tutta la Compagnìa, al Reggimento.
Sembra ci sia in vista un’azione offensiva o dimostrativa.
Diamo un addìo o un a rivederci alla “Villa Roma” e ci prepariamo alla nuova azione
Da qualche giorno su tutto il fronte del Trentino i nostri svolgono un’offensiva generale e sembra con qualche risultato.
Stanotte scorsa c’è stato un continuo fuoco di fucilerìa e di artiglierìa verso il Luserna.
Chi sa cosa faremo.
F.Gioia
Spedisco oggi forse questo diario con altra corrispondenza a casa

 

Fine del primo diario.

 

 

Inizia così il secondo taccuino  del  diario di Flavio Gioia

 

 

Seconda parte 

161° Regg. Fanteria 6° Comp.ia
Bosco Varagno 25-10-915
                                                                                                                                                
2° Volume del
Diario di guerra compilato dal
Tenente Gioia Flavio
della 6° Comp. del 161° Regg. Fanteria-
 
Se per caso il presente diario venisse smarrito, il proprietario sarà infinitamente grato a chi lo trovasse se questi lo spedisse al seguente indirizzo (volta)
Famiglia Gioia
Santa Croce del Sannio
(Benevento)

 

25-10-915 Lunedì  ore 20
Comincio il mio secondo volumetto di diario. Ho spedito il 1° ieri a casa e spero vi giunga. La Compagnia lasciò ieri le Baitle e ritornò al corpo per rinforzare la linea enorme che esso copre. Ora siamo in bosco Varagno e i soldati han potuto occupare le trincee in gran  parte ultimate.
L’azione offensiva iniziata ieri dal 116 che occupò una trincea tra il Luserna ed il Basson, è continuata stasera dal 116, 115 e 162. Fino a pochi momenti fa c’è stato un violento cannoneggiamento ed un violento fuoco di fucileria. Cima  Norre, avanguardia del Luserna, è stata occupata dal 115 sembra. Il 162 credo abbia attaccatoMillegrobbe .
Il 161 per ora ha solamente da stare sulla difensiva attiva e agisce dimostrativamente. In questo momento tutto tace. Ho ricevuto oggi una lettera dai miei: sono pieni dal desiderio di avermi con loro al più presto; se sapessero quanto è vivo anche in me questo desiderio!...
I lavori qui continuano intensamente. Oggi ho rivisto la 9a Compagnia che da Marcai di sopra s’era portata innanzi, nel bosco, mettendosi sulla nostra destra. Mi han fatto un’accoglienza affettuosa tutti. Sarei lieto di poter ritornare tra i miei cari soldati.
Quale risultato avrà avuto l’azione? Chi lo sa!
F. Gioia
 

30-10-915 Sabato.

Dal bosco di Varagno la 6a Comp. passa ai ricoveri che sono ad est di Malga, postazione  ove già fui una volta con la 9a Compagnìa.
Ieri mattina il nemico attaccò il 110° alla nostra ala sinistra, verso Luserna; ma questo contrattaccò, respinse il nemico e gli fece 30 prigionieri.
La Compagnia qui presta servizio di avamposti e di pattuglia.
Nulla è successo d’interessante in questi giorni.
F.Gioia

 

2 Novembre 1915
Quante lagrime versa oggi il mondo!
Quante lagrime di più che non negli anni scorsi, specialmente in Italia! Come saranno affollati i cimiteri oggi, a quest’ora. Anche noi qui abbiamo onorato e commemorato i nostri prodi compagni caduti, anche noi abbiamo rivolto il nostro saluto alle anime dei soldati e italiani e austriaci che caddero vicino a noi. Anche la tomba dei due austriaci, sepolti presso i nostri, è stata ricordata oggi; anch’essi sacrificarono la vita per una causa, secondo loro giusta, ma certamente nell’adempiere il loro dovere. Oh come sarei felice se la madre o la sposa, o i figli di quei due austriaci; che non sanno e non sapranno mai ove essi son sepolti, ove essi caddero, come sarei felice se potessi dir loro: Vi sia di conforto il pensiero che benché caduti fra i nemici, benché da noi sepolti, oggi, in questo giorno ai morti dedicato; anche i vostri morti sono stati ricordati; anch’essi han trovato fra i soldati italiani chi ha detto una prece per loro.
E alle mamme Italiane? ed alle spose, ai figli, ai fratelli, cosa vorrei dire ?
Come si potrebbe assicurar loro che tutti i morti nostri tutti i nostri morti che riposano sotto la terra strappata al nemico, sono stati da noi ricordati oggi, quante persone dal Po a Marsala, piangeranno oggi qualche caro perduto sulle Alpi. Invano cercheranno nell’immaginazione la tomba del loro figlio; invano cercheranno d’indovinare il luogo in cui il loro fratello cadde; di vedere l’ultimo atto eroico che costò la vita al loro padre. E dopo questo verranno molti altri anni; e forse tutte le tombe dei prodi; ora sparse, saranno riunite, tutte le ossa saranno raccolte e in caratteri indelebili si scriverà su di esse: sono tutte le vite che s’immolarono per la grandezza d’Italia, per la libertà dei fratelli oppressi.
Ieri è venuta giù della neve; tanta da rendere il paesaggio tutto bianco. La 6a Compagnìa  è ritornata a Marcai di sotto ed i soldati ora sono alloggiati, parte in trincea, parte sotto le tende, parte sotto rocce fatte a mo’ di tettoia. Io ho preso alloggio in una stanzetta del baraccamento del Comando.
Non nevica più, ma il cielo plumbeo promette dell’altra neve.
Stamane il generale di brigata ha commemorato i caduti per la Patria. Con molti ufficiali e soldati ci siamo recati al cimitero del bosco Varagna; vi si è celebrata la messa ed il Sig. Generale ha poi parlato, ed ha terminato abbassando la bandiera del Reggimento sulle tombe in segno di saluto.
Molti nostri cimiteri, quasi tutti, sono ben fatti; vi sono degli altarini; delle lapidi in cemento armato, delle corone artificiali e di rami d’abete. I nostri soldati mettono tutta la loro cura e la loro arte nell’adornare le tombe dei loro compagni; come se volessero alleviare loro il dolore della morte.
Un pensiero mesto, triste ed affettuoso rivolgo in questo momento al caro Costa, del 92°.
Fu mio collega carissimo; fece con me il corso sciatori lo scorso anno, ammirai le sue qualità bellissime d’animo e di cuore.
E’ caduto combattendo il 6 settembre. Caro Costa, il dolore che provai alla notizia della tua morte, fu grande e sincero. E riconobbi d’aver perduto in te uno degli amici più cari.
F.Gioia
 
7-11-915 –ore 21
Il giorno 4 sei Comp. del 161 fra le quali la 6a e 6 del 162 lasciarono la 1a linea e si portarono un po’ più indietro; il 161 accampò al  Ghertele un albergo ch’è  lungo la  Val D'Assa  ed il 162 accampò un po’ prima.
La mia compagnìa s’è alloggiata tra Val Renzola e le Baitle, in una capanna sarda.
Di queste capanne ne han costruite molte lungo tutta la valle e si son dimostrate abbastanza convenienti, la mia compagnìa che ora ha 150 presenti è tutta contenuta in una baracca.                                                                                 Noi ufficiali siamo attendati. Oggi abbiam fatto un po’ di esercitazioni in ordine chiuso presso le Malghe Pusterle, sotto il Verena.
La temperatura è pittosto rigida, ma il sole di S. Martino ci tiene abbastanza caldi. Nulla d’interessante intorno alla nostra azione. Ormai comincia la dislocazione invernale e le truppe al fronte saranno diminuite.
La neve però comparsa giorni fa, è andata via di nuovo. Le strade sono fangose.
Ieri sono andato ad Asiago a cavallo.  Asiago non è più così piena di ufficiali come qualche mese fa , ed è più …antiitaliana di prima. Gli oggetti più stupidi costano un occhio.
Il mio primo diario è giunto a casa: che piacere.
Mi ha scritto Lucia che si dimostra sempre più affettuosa. Anche Nica mi ha scritto dandomi notizie del collega Scolari che è in Somalia. Ho ricevuto anche notizie dai miei ai quali scriverò domani.
E gli austriaci cosa fanno? A chi aspettano per decidersi a cedere una buona volta?
F.Gioia
Oggi due areoplani nemici han lanciato tre bombe su Asiago- Nessuna vittima.
 
13-11-915-
Siamo da tre giorni nel Bosco Varagno, ove ora si sta molto meglio di prima poiché le trincee ed i reticolati son finiti.
Ha nevicato ma poco.
Ieri mattina una vedetta della mia compagnìa fu sorpresa ed uccisa da una pattuglia austriaca.
A chi la faute ? (leggi colpa) ...Ma !...Eppure io avevo reso noto al  Signor Colonnello che quel posto era molto pericoloso ed era privo di collegamento. Ora è stato rinforzato e reso più sicuro.
Il tempo uggioso e umido, la forza minima della compagnia, rende il servizio di guardia molto faticoso, e questi poveri soldati lavorano giorno e notte come cani. Ieri sono arrivati dei complementi; vi sono dei soldati del distretto mio, Benevento, altri di Napoli. Poveri diavoli; fra essi vi sono di quelli che non han visto mai neve.
Stasera attendo lettere da casa o da Goffredo o da Adalgisa – ore 16,55 
F.Gioia.

 

15-11-915 ore 3.10
Pochi minuti fa sono stato avvisato che la 7° Comp.ia  da Marcao di Sopra, avvisa essere pronti perché si teme un attacco da parte del nemico. Da ieri sera non ho potuto chiudere occhio. La truppa è già tutta pronta dietro le feritoie. Sono state aperte le casse di cartucce. Finora tutto tace. Ha nevicato molto. Anche stanotte è uscita una pattuglia di guastatori con lo scopo di esplorare e di dare subito l’avviso in caso il nemico avanzasse.
Speriamo sia un falso allarme. Abbiamo una forza minima. In trincea ho solamente un centinaio di uomini; altri 50 circa sono di guardia.
Ore 4,20- Un fonogramma del comando del Batt.ne avverte che trattasi d’un falso allarme dovuto al congelamento delle estremità di una vedetta.
Cacciamoci di nuovo sotto speriamo dormire tranquilli.
F.Gioia

 

2 Dicembre 1915 ore 20,5
Il 25 dello scorso mese, sarei andato col mio battaglione a  Camporovere ;ma un ordine del generale di Brigata, il 24 mi distaccò in permanenza a  Porta Manazzo,ad aspettar la neve per iniziare il corso skiatori essendo l’unico ufficiale skiatore di tutta la divisione. Porta Manazzo è una contrada a 1778m. è tra Cima Manderiolo e Cima Dodicie Cima Larici  Dalla sua bocchetta, per un ripido e difficile sentiero (visto dalla posizione nemica di Panarotta) si scende in  Val Sella e di qui in  Valsugana. A Portamanazzo  v’è il comando di un gruppo tattico.Vi è una batteria da 149 e due plotoni del mio reggimento che sono cambiati ogni otto giorni. Questi fanno servizi di vedette sulle cime e nei valloni. Ora nelle rocce che guardano il lato Nord si sono scavati due gallerìe in cui saranno appostati cannoni per battere  Panarotta. 
Il terreno molto roccioso non permette l’uso degli ski se non con uno strato di neve pittosto alto.
Il 28 u.s. insieme con un  all. Uff. del 6° Alpino (tal Molinari e che ha preso il pseudonimo Villa essendo un irredente scappato da Borgo all’inizio della guerra) insieme con lui dunque, e con altri tre soldati, scesi in
Val Sugana e ci recammo a Borgo.
Vidi finalmente un paese riscattato. Era tanto il desiderio che avevo di giungere che andavo quasi di corsa.
La Valle è guardata dall’83° Fanteria. I soldati e gli ufficiali occupano le ville lasciate dai proprietari fuggiti e devastate dagli austriaci.
Da quanto avevo letto nei giornali credevo di trovare Borgo molto devastata dal bombardamento nemico, invece non si vedono che poche tracce di granate e di shrapnel.
Notai invece e con piacere grandissimo, che tutto era italiano a Borgo; i nomi, le ville, perfino i manifesti, le ordinanze gli editti delle autorità R. I. austriache ( di cui ancora se ne trovava qualcuno sparso) erano scritti in Italiano.E pensare che l’Austria pretendeva che quei paesi fossero suoi naturalmente. I pochi cittadini, i più coraggiosi, mi accolsero con piacere; facemmo conoscenza e bevemmo insieme.
Alcune donne guardavano un po’ paurose. Altre si ritiravano dalla finestra, altre guardavano di sottocchio…
Mangiammo all’albergo dei due giganti ove ci servì una bella fanciulla, Beppina, che sembrava timida.
Come ero lieto di vedermi fra quella gente! Finalmente vedevo dei redenti: E un desiderio grandissimo mi veniva di andare avanti; di liberare altri paesi di trovare altra gente da strappare al giogo nemico.
La sera offrii cena ad alcuni giovani conosciuti il giorno. Acquistai cartoline ed altri ricordi; scrissi lettere a casa ero proprio lieto. Dopo cena andammo al caffè di qui in una bottiglierìa ove offrii da bere a tutti i presenti. Oh! C’era una bella differenza tra me e gli ufficiali austriaci.
Quei pochi giovani che mi circondavano, mi ricordavano i cospiratori del 48; i martiri di  Belfiore.
Eravamo raccolti intorno a due tavoli rotondi, sotto una volta bassa.
Dopo le 8 a Borgo tutto è chiuso e buio. Nelle case abitate si parla sottovoce.
Andai a letto nella casa del farmacista Bettamini che mi aveva preparato una bella camera ed un bellissimo letto nel quale dormii un sonno che che da tanto tempo non ricordavo d’aver dormito.
La mattina dopo alle 8 prendemmo la via del ritorno e spesse volte mi voltai a guardare Borgo, il primo paese redente che mi aveva ospitato per una notte. Lungo la strada visitammo delle ville quasi del tutto saccheggiate e portai con me alcune suppellettili che ora arricchiscono la mia baracca.
Di qui da porta Manazzo, sembra non essere in guerra. Nessuno strepito di Morte turba il soggiorno.
La neve non si fa vedere affatto ed io ho passato otto giorni direi quasi in ozio.
Domani la 12a Comp.ia avrà il cambio dalla 6a che verrà qui ed io resterò ancor qui chi sa fin quando.
Solamente sul Carso e contro Gorizia la nostra offensiva continua con fortuna; lungo tutto il resto del fronte sembra, siamo sulla difensiva attiva.
Intanto io spero d’andare un po’ in licenza.
F.Gioia

 

26-12-915 ore 16.10
Da molti giorni non ho più scritto nel mio diario. Ma d’altra parte cosa dire. Nulla d’interessante è avvenuto. Potrei parlare di qualche bacio preso da Giovanna ad  Asiago?  Potrei parlare della 2a gita fatta a Borgo ove comperai due belle bambole* una delle quali regalai alla Beppina e l’altra la portai per me.
Questa ora mi fa compagnìa da un angolo della mia cameretta.
 
*NOTA: Le zie Giannina ed Ester, con le quali ho frequentato privatamenta la prima e la seconda elementare, in un salotto dedicato quasi interamente al fratello Flavio , tra sciabole, divise , quadretti ed una gigantesca foto del Caduto posta sopra un cavalletto, custodivano gelosamente, sotto una campana di vetro, quella  bambola che fu poi murata con i resti  di Flavio quando,  il 1° novembre 1987, furono traslati nella nuova cappella di famiglia.
 
E perché non parlare anche un po’ della mia cameretta?
Questo nido montano, l’unico, da quando sono in guerra che mi abbia ospitato più a lungo.
Me lo sono aggiustato proprio benino, ed ora con la stufa vi si gode un calduccio delizioso. Il 19 venne su la 6a Compagnìa per dare il cambio alla 8a, ne presi il comando ed essendo anche l’ufficiale più elevato in grado fra quelli di Porta Manazzo presi il comando del gruppo Tattico di P.Manazzo. Il Signor generale sembra sia piuttosto soddisfatto di me.
Più dirimpetto al Panarotta i nostri artiglieri hanno aperto due gallerìe in cui verranno piazzati due pezzi da 149 allungati. Due esseri lunghi e mostruosi. Ieri l’altro ho ricevuto la visita del Sig. Colonnello che è rimasto a colazione con noi. La sera invitammo a prenzo tutti gli ufficiali di artiglierìa. Era la vigilia di Natale e fummo insieme per affogare la tristezza e la nostalgìa nell’allegrìa della compagnìa del brio giovanile. E ieri sera i baldi artiglieri ricambiarono il nostro modesto invito con un pranzo regale.
Della mia Compagnìa ho qui due subalterni il sottotenente Meriggi e l’aspirante Pelline . Quest’ultimo un bel ragazzetto imberbe proveniente dagli alpini. Si vive in un perfetto accordo ed anche i soldati sono lieti della dislocazione che ha la Compagnìa.
Eppure è Natale. Eppure vorrei essere a casa: Ma!...
E’ caduta tanta tanta neve.
Ieri sera per tornare alle nostre baracche abbiamo impiegato un’ora, con la neve che veniva giù abbondantemente.
Il Corso skiatori però non è ancora cominciato. 
F.Gioia
Ho ricevuto il 24 la fotografia da Lucia.
Che bella ragazza è sempre!
seguono alcuni appunti:
 
 
nemico – C.Mandriolo – P.Renzòle – C.Dodici
Ric. uff. V.Galmarara – C.re Portule – Bocchetta
Portule Colonna: Asiago – Camporovere -  Tagliata
V. Galmarara – Casare Portule - Bocchetta di Portule 
 
 
Qui termina il secondo  ed ultimo diario di Flavio Gioia.
 
 
 
Contrariamente al primo, spedito  alla famiglia in Santacroce del Sannio (vedi sopra in data 25-10), non si sa come il secondo  sia giunto a casa.
Certo è che successivamente al 26 dicembre 1915, ultima  data da Lui qui riportata, e quella del 24 gennaio 1916, data della cartolina postale  invìata  allo “Zio”Luigi Gioia allorché  rientrato al reggimento, Flavio, in questo  arco di tempo, è  stato in  licenza a Santacroce .
Fu In questo periodo che  regalò allo “Zio” la bandiera austriaca e accadde l’episodio  che ho  raccontato  all’inizio  di questa storia.
Non è da escludere che in tale occasione abbia lasciato a casa anche il Suo secondo diario !?
Flavio, come già detto, rientrò al Fronte qualche giorno prima del 24 gennaio 1916 e morì il 16 maggio 1916;  possibile che durante tale periodo non abbia più scritto un solo rigo del suo diario? E se ne esistesse un terzo?
 
 
Segue, sulle ultime pagine rimaste  bianche, ciò che Suo fratello Goffredo scrisse  nel giorno dei morti dell’anno 1916:
 
 

 

2 novembre 1916

O fratello, o fratello mio !
È un anno che tu scrivevi queste cose  e dopo un anno anche tu sei scomparso. Ed oggi la tua fossa nel cimitero di Bocaldo, in terreno nemico, rimane illacrimata!
Le sorelle, io ,ti pensiamo, soffocando il pianto, costringendo il cuore a tacere, ma la tua fossa rimane priva dei nostri fiori, dei fiori del nostro dolore.
E tu che or è un anno ricordavi i nostri morti, tutti i nostri morti, non hai nemmeno la sorte di riposare in terra italiana; il sacrificio compiuto col tuo sangue nobilissimo pare sia invano.
Ed i tuoi amici ti ricordano oggi, come tu, or è un anno, ricordavi i tuoi amici morti?
Le donne di Bocaldo verranno ora ad adornare di fiori, a visitare solamente, la tua fossa, assieme a quella dei loro morti?
Fratello, figliuolo caro! quanta pena, quanto cordoglio maggiore pensando alla tua fossa lontana, presente sempre nella nostra mente e nell’animo nostro, oggi senza il conforto di lacrime e fiori, senza la luce  di una lampada che ti dica la fiamma viva del nostro affetto.
Ed oggi quei di casa si recheranno a visitare il cimitero dove dormono mamma e papà, e le loro lacrime saranno roventi al pensiero vivo, al ricordo continuo del tuo corpo straziato, che riposa lontano.

 

 

 

I luoghi di Santa Croce del Sannio che custodiscono il ricordo di Flavio Gioia e di quanti caddero sui diversi campi di battaglia della Prima Guerra Mondiale.

 

 

 

La casa del Generale Nicola De Maria in Largo Municipio.
Così come promesso, l’alto ufficiale, non sulla facciata del Municipio bensì su quella della propria casa, nel 1922 fece apporre un’ artistica lapide in ricordo di tutti i caduti santacrocesi della Grande Guerra. 

 

 

 

 

Nell’edificio  municipale di Santa Croce, al piano terra, vi erano quattro aule per le scuole elementari, ognuna dedicata ad un Caduto in guerra; dall'aula di sinistra, guardando il Municipio, sono:
Sol.to Abbieri Francesco - S.T.Di Paterio Salvatore - T.Gioia Flavio - C.M.Zeoli Umberto
Nella foto sotto, dalla targa posta in cima all’ingresso, si può  notare  quella intestata a “Gioia Flavio”.
La foto è del 21 marzo1958, giorno della “Festa degli alberi” per i Comuni di montagna.

 

 

 

 

 

L’ultima e definitiva dimora dove riposa  Flavio Gioia, accanto alla famiglia della sorella Clelia ed a quella della figlia di costei Flavia Napolitano che, negli anni ottanta,  fece edificare questa cappella.
Il 1° novembre 1987 i resti del Caduto furono traslati nel nuovo cimitero la cui area, antica proprietà di famiglia, venne ceduta al Comune dalla stessa Flavia in cambio delle spese per la realizzazione del manufatto.

 

 

 

 

 

 

Il loculo all’interno della medesima.
Come si può vedere nella foto accanto, è l’ultimo in alto dietro la  lampada che pare voglia diffondere sul Suo nome quella luce  che per anni gli fu  negata.

                          

 

  

 

  

 
 
 
 
Invito alla cerimonia in occasione del
trasferimento delle spoglie di Flavio
dal vecchio al nuovo cimitero
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Nella parte più vecchia del cimitero, i resti di quella che fu la tomba dei suoi genitori: Silvio Gioia e Maria Laudati (e forse anche quella della sorellina Ermelinda morta 7 anni dopo di Lui).
Le altre due sorelle Ester e Giannina, sepolte insieme alle spoglie di Flavio nel vecchio cimitero finirono,  purtroppo, nell’ossario  comune.

 

 
 
 
 
 
 
 
 

Sopra a sinistra: la foto della lapide che indica                                  Sopra a destra: restauro

i loculi dove furono sepolti i genitori di Flavio                                      fotografico della lapide.

così come attualmente si presenta.

 
 
 

                 

Il fratello Goffredo, deceduto a Cagliari, ove era questore, l’ 11 aprile 1944, fu sepolto nel cimitero di S.Vincenzo  di quella città . 

Per l’eccessivo numero di morti civili e militari, causato dai  bombardamenti della seconda guerra mondiale, il cimitero monumentale di Bonaria non era più sufficiente ed era ormai avvolto  dalla città in espansione.
  
Le Sue spoglie  faranno ritorno  a Chiavari, residenza della Sua famiglia, il 3 aprile 1954.

 

 

                

Fra cent'anni

 

 

Da qui a cent'anni, quanno
ritroveranno ner zappà la terra                                               
li resti de li poveri sordati
morti ammazzati in guerra,
pensate un po' che montarozzo d'ossa,
che fricandò de teschi
scapperà fòra da la terra smossa!
Saranno eroi tedeschi,
francesci, russi, ingresi,
de tutti li paesi.
O gialla o rossa o nera,
ognuno avrà difesa una bandiera;                                                                                    
qualunque sia la patria, o brutta o bella,
sarà morto per quella.
Ma lì sotto, però, diventeranno         
tutti compagni, senza
nessuna diferenza.
Nell'occhio vôto e fonno                                           
nun ce sarà né l'odio né l'amore
pe' le cose der monno.
Ne la bocca scarnita
nun resterà che l'urtima risata
a la minchionatura de la vita.
E diranno fra loro: - Solo adesso
ciavemo per lo meno la speranza
de godesse la pace e l'uguajanza
che cianno predicato tanto spesso!
 
 
(Trilussa - 31 gennaio 1915)
 
 
 

 ..."due" parole ai lettori

 

Penso di aver conosciuto abbastanza, finanche  nel suo intimo, Flavio Gioia e di averlo fatto conoscere a quanti hanno seguito  ciò che su tale personaggio ho qui pubblicato.

Termino così  questo  mio lavoro  al quale mi sono dedicato con pazienza e passione , grato anche all’evento fortuito che mi ha permesso di ampliare, attraverso il Suo “Diario di guerra”, gli elementi a mia disposizione.

Prima di chiudere, però, il dovere di cronaca m’impone di esternare una mia convinzione  e cioè che mio Zio Umberto appassionato studioso  degli eventi bellici di ambedue le guerre mondiali, a prescindere dalle motivazioni  inerenti la sua professione di insegnante,  non solo fosse a conoscenza del “Diario” testé pubblicato, ma possa averlo letto in tutta la sua estensione.

Infatti, nel corso della trascrizione del manoscritto che mi ha permesso di analizzare attentamente ogni dettaglio riportato  dall’autore, ho ravvisato particolari  a me non del tutto nuovi che, dalle  pieghe della mia memoria, facevano riaffiorare  fatti   che lo Zio Umberto talvolta  citava.

D’altronde, per gli stretti rapporti che costui ebbe con lo Zio Goffredo e con la relativa famiglia (più volte loro ospite a Savona ed a Chiavari), avrebbe avuto sia la possibilità che  il tempo di leggerlo, magari proprio dallo  Zio invitato a farlo.

Per quanto riguarda  me, dopo tanti anni e prima che si concludesse la mia esistenza, sono soddisfatto di aver adempiuto a qualcosa che ho sempre considerato, non soltanto un desiderio ma un obbligo alla ricerca dei fatti, scaturito da un  “incredibile  episodio” accaduto   tanto tempo fa;  una circostanza  che  mi ha fatto meditare profondamente ed osservare  come  in particolari  contesti, persone  di una certa regione  della nostra Italia possano  integrarsi con persone  di altre regioni, stabilendo e rafforzando quei legami che rendono  impotente  e perdente ogni forma di  pregiudizio, di  preclusione,  dovuta  all’appartenenza geografica , alla diversa cultura, alle diverse abitudini, alle diverse tradizioni;  peculiarità  queste  che , purtroppo, soltanto le disgrazie ed il dolore che ogni guerra inesorabilmente produce , fanno diventare addirittura omogenee.

 

 

 L'incredibile episodio
 
Noi della comitiva di meridionali santacrocesi a Torino, quella volta composta da: Antonio Rainone (Totonno per tutti noi), Federico Barraco, Peppino Bochicchio ed il sottoscritto, ci recammo quel sabato del 16 maggio 1964, come spesso capitava, a fare un giro fuori porta, giro che, come al solito, si sarebbe concluso in qualche ristorante.
Percorrendo, con la Fiat 500 di Peppino, corso Orbassano, procedemmo verso Piossasco  decidendo  di andare a Pinerolo in una trattoria che  Federico conosceva da tempo  dove, oltre a  mangiar bene, si potevano gustare  i migliori vini del Piemonte.
Giunti a Pinerolo, dopo aver girovagato un po’ per quella cittadina, essendo ancora presto per  pranzare, proseguimmo  verso Torre Pellice  e, continuando oltre, finimmo a Cavour…  non certamente per  visitare la residenza del grande statista!
Ormai era tardi, la fame cominciava a farsi sentire e Federico, che aveva la bocca “arsa”, con la totale approvazione di Peppino, non vedeva l’ora di mandare giù, come aperitivo, “un bicchiere di quello buono”.
Convenimmo tutti che non fosse proprio il caso di tornare indietro e decidemmo di pranzare sul posto.
Finimmo in un ristorante, uno di quelli tipici piemontesi dove il vociare è ridotto al minimo, al punto che i rumori più forti sono quelli del tintinnìo delle posate e dei bicchieri nel preparare i coperti, e  tale atmosfera era ivi accentuata essendo noi gli unici avventori, ad eccezione di una sola persona seduta ad un tavolo “apparecchiato  singol” in fondo alla saletta.
Costui era molto anziano, per non dire vecchio; calvo , distinto nella sua sobrietà.
Vestiva un abito nero  dal quale si evidenziava una camicia bianchissima ed un papillon pure nero; sui candidi polsini, abbondantemente uscenti dalle maniche della giacca, due gemelli senza alcun dubbio d’oro.
Quello che notai subito fu la sua compostezza ed uno sguardo profondo ma perso nell’oceano del  nulla, come assorto nei suoi pensieri. Una di quelle  persone d’altri tempi!
Non so se i miei amici notarono questi particolari e ben presto anch’io volsi altrove la mia attenzione.
Intanto erano giunti gli antipasti che in Piemonte sono sempre  abbondanti e straordinariamente assortiti:
salame, acciughe, olive, burro, sottaceti, una varietà di formaggi: Robiola , Gorgonzola ,Castelmagno, Raschera, gli immancabili Tomini, Fontina della Val D’Aosta…e una miriade di altre specialità che sarebbe noioso enumerare.
Alla fine degli antipasti avevamo scolato già una triade di “bute stupe” : Barbaresco, Barolo e  Barbera d’Alba…tanto per stabilire quale  scegliere per il prosieguo !
Intanto il nostro vociare aumentava, tantoppiù che a nessuno avrebbe dato fastidio se non al “vecchio” che talvolta il mio sguardo incontrava  mentre, servito con ossequiosa premura da una signora dalla cuffietta e grembiule candidi come la neve , consumava il suo pasto piano piano concedendosi, di tanto in tanto, un sorso di vino dal suo calice che sembrava sfiorasse come a baciarlo.
Intanto noi del Sud “santacrocesi doc” , ad eccezione di Federico che non lo approvava ma che lo capiva perfettamente (torinese figlio di una piemontese e di un siciliano, aveva sposato  una donna di Santacroce), iniziammo a parlare nel nostro dialetto continuando così per tutta la durata del pranzo.
Quando giungemmo al termine e stavamo aspettando  che arrivassero il caffè e… “l’ammazza caffè”,  il signore che da tempo aveva finito di desinare ma era restato a tavola immerso  nella lettura d’un libro, come credo volesse apparire mentre attentamente ci ascoltava, si alzò lentamente; sorridendo, si avvicinò garbatamente al nostro tavolo e dopo un “permettete ?” quasi sussurrato,  messo  da noi a suo àgio, ci chiese:
-Siete meridionali vero? – tutti rispondemmo di si, tranne Federico che  tenne a precisare: - Io no ! – disse-
ed accortosi della gaffe, aggiunse: - O meglio… a metà !
Il vecchio, pur non trattenendo un velato segno di dissenso, quasi divertito per la battuta “di recupero”, continuando a sorridere replicò: - Anch’io fui mezzo piemontese e mezzo…veneto… ma  mi considero da sempre soltanto  italiano…pur se la Patria tutto mi  tolse !   
Non mi parve  neanche singolare che parlasse  al passato remoto !
Un personaggio del genere non poteva esprimersi diversamente!
Intanto la signora dal grembiule bianco, la padrona del locale, aveva portato i caffè, una bottiglia di Grappa locale, una di Amaro Dragonet ed un vassoio con una decina di bicchierini, la metà dei quali colmi di Genepì verde “offerta della casa”.
Invitammo il signore a sedersi per  prendere insieme il caffè.
Accettò il caffè forse soltanto per cortesìa in quanto, per il  tempo che restò con noi, ne sorbì soltanto qualche sorso lasciando poi la tazzina a metà.
Era evidente che non ne prendesse  ! Nel suo desinare si era fermato alla frutta.
Sembrava molto interessato a conoscerci e disse:
-Siete meridionali, presumo… della Campania… o mi sbaglio?
-Esattamente-  rispondemmo quasi in coro – e lui:
-Esattamente di dove… se mi è concesso saperlo ?
Peppino,  rispondendo  per tutti :
–Noi tre – indicando con un giro d’indice se stesso, me e Totonno – Siamo tutti di Santa Croce del Sannio provincia di Benevento – disse.
Il vecchio parve sussultare, fece un lungo respiro  come se gli fossa mancata l’aria,  poi dopo una breve pausa scandì come a voler dividere in sillabe le parole :
-San-ta-cro-ce-del-san-nio ?
Il suo viso sembrò illuminarsi ed i suoi occhi scintillarono come quelli d’un bimbo felice.
Ci meravigliammo tutti e Totonno, riprendendo il colloquio:
–Conoscete questo paese ? Ci siete stato qualche volta?
–Certamente ! – rispose.
–E quando ? – aggiunsi io.
Alzando gli occhi al cielo e facendo ancora un altro  lungo respiro rispose:
– In un attimo fuggente della vita ! –
Ancora un profondo respiro e chinò il capo verso il pavimento.
Restammo tutti meravigliati e direi… increduli. Certamente pensammo tutti la stessa cosa :  
Che stesse prendendosi gioco di noi? Ci eravamo imbattuti in un vecchio burlone?
Peppino, incorregibile indagatore, ci guardò uno per uno come a voler dire: – Ci penso io a smascherarlo questo! –
Poi rivolto al vecchio signore:
–Conoscete qualche  persona di Santacroce ?  Ricordate il nome di qualcuno ? – disse -
E lui : – Certamente! Come potrei dimenticarlo ?...Voi siete molto giovani… non potete averlo conosciuto ma il suo nome vi sarà certamente noto… Flavio Gioia! Il tenente Flavio Gioia ! Un bravo ragazzo ! Un bravo ufficiale…–   e scrollando la testa – gli piacevano troppo le donne …come del resto a tutti i giovani ! Ma le donne spesso sono danno!
Tutti restammo sbigottiti . – Altro che burlone ! – pensai .
E Peppino indicandogli me, che ero rimasto senza parola, disse:
Lui si chiama  Gioia! Luigi Gioia !
E Totonno: –Flavio Gioia era un suo zio !
Io precisai: – Veramente pro -zio !
Il vecchio, mi fissò a lungo come alla ricerca di un probabile tratto di somiglianza, poi  guardandomi negli occhi continuò:
–Un bravo ufficiale il suo  pro-zio…collega  di mio fratello , il mio caro giovane  fratello caduto anche lui sul Carso ! Anche a lui piacevano le donne …come al suo amico Flavio e come del resto a tutti i giovani! Ma le donne sono danno !
Era la seconda volta che adduceva alle donne una probabile  spiacevole  vicenda, ma “la nostra gioventù” non dette gran peso al particolare, interpretandolo magari… nel modo più naturale !
Sembrava quasi affaticato dall’emozione ora, ma alzandosi quasi di scatto e prima che potessimo chiedergli altro :
– Grazie del caffè , è stato un piacere conoscervi, buona fortuna !  – disse – e salutandoci tutti con un semplice gesto della mano si avviò spedito verso la porta che separava la saletta da pranzo dal resto dell’edificio.
La padrona del ristorante, alla quale prima di andare via chiedemmo chi fosse costui, ci disse che era una bravissima persona, un vecchio professore in pensione rimasto solo al mondo, il suo unico fratello più giovane era morto in guerra…tanto, tanto tempo fa.
Da anni viveva in una delle  camere dell’alberghetto soprastante alternando piccole passeggiate alle  lezioni di  latino che dava a sua figlia fin dalle medie ed ora, studentessa liceale, anche di greco, senza prendere una lira, anzi pagando regolarmente il suo soggiorno.
In seguito, quando mi tornava in mente, ho pensato a lungo su tale episodio e sempre mi sono chiesto cosa intendesse il vecchio signore con quella frase – Ma le donne sono danno !
Ne ho parlato, talvolta anche col mio amico Peppino, che guarda caso, era un pronipote del Generale De Maria-Bochicchio, dico “era” in quanto Peppino Bochicchio non c’è più così come Federico Bàrraco.
Del “quartetto” meridionale è rimasto un “duo” : io e Totonno Rainone, che ricorda ancora molto bene l’accaduto.
Quante volte mi sono pentito di non essere più tornato a Cavour esclusivamente per incontrare ancora una volta quel distinto vecchio signore! Chissà quante cose avrei potuto sapere di Flavio Gioia e chi fosse  quel suo amico ufficiale , fratello del professore del quale non conosco neanche il nome.
 
Luigi Gioia (da: Ricordi del Piemonte)
 
La preziosa testimonianza di un componente del gruppo "Santacrocesi DOC a Torino": il mio carissimo amico "Totonno"... cioè l' Antonio Rainone citato nell'episodio sopra raccontato, ora residente in Toscana.
 

 

Il Gruppo

 

A sinistra il gruppo dei santacrocesi a Torino negli anni sessanta.

Il "quartetto" in alcuni periodi dell'anno diventava un"quintetto" per l'arrivo di un nostro amico di Santa Croce che veniva a passare qualche giorno da noi.

Da sx: Antonio Rainone, Luigi Gioia, Federico Barraco, Peppino Bochicchio, Gino Del Donno 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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