Un rifugio pericoloso

 
 
 
 
 
Era un pomeriggio del settembre 1943, di li a poco avrei compiuto sei anni.
Si era venuti a sapere che i tedeschi sarebbero arrivati a Santacroce.
Io, la nonna Maria e la zia Bettina  salimmo la "costa del monastero", entrammo nel convento (avevamo le chiavi perché a quell'epoca mio padre ne dirigeva i lavori di restauro) e ci collocammo dietro la finestra prospiciente il palco dell'organo a canne e la scala a piòli che portava "alle campanelle".
Attraverso i vetri, sui quali battevano i raggi del sole già basso al tramonto apparivano,come punti d'argento nel cielo che andava via via scolorendo, formazioni di aeroplani che si mitragliavano a vicenda.
Non si udivano gli spari ma si potevano scorgere distintamente le nuvolette di fumo che questi producevano.
Avevamo portato con noi un barattolo di marmellata di ciliege fatta in casa e delle fette di pane.
Io e la zia facemmo merenda mentre la nonna, tirato fuori il rosario da una tasca del suo grembiule nero, si mise a pregare.
Tutt'intorno regnava un silenzio rotto soltanto dal ticchettìo dell'antico orologio dai pesi di pietra che mio padre aveva  restaurato ricavando da una lastra di ottone una ruota dentata, in sostituzione di quella originale andata perduta, che comandava il battere delle ore sull'unica campanella il cui suono ,quando percossa,  veniva amplificato dall'eco dei nudi corridoi…francescani di nome e di fatto.
Quanto tempo rimanemmo là, più non ricordo.
Poi, ansanti e trafelati, arrivarono mio padre e mio zio Umberto che si arrabbiarono con la nonna e la zia per quell'iniziativa,secondo loro, estremamente pericolosa e ci riportarono a casa.
Qualche giorno dopo i tedeschi arrivarono e si piazzarono proprio nel convento dove mia nonna, fedele devota di S.Antonio, pensava di trovare rifugio!
Ricordo molto bene la parete appena sulla sinistra, al di là dell'ingresso, con la scritta "clausura", quello che dal chiostro porta alla scala d'accesso e quindi al piano superiore del convento.
Era costellata di colpi d'arma da fuoco, giochi (oppure prove) dei soldati tedeschi.
Per molto tempo (e forse volutamente) tali segni  furono lasciati lì visibili, a ricordo di quei tristi giorni di guerra.
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